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di ROMANO GUATTA CALDINI 05 lug 2018 09:32

Una convivenza mal sopportata

In distribuzione il secondo quaderno della collana dedicata alla vita oratoriana del territorio. Il fascismo e i cattolici dal 1922 al 1931

“Oratori, circoli cattolici e fascismo a Brescia (1922-1931)” è il titolo del secondo volume, curato da Rolando Anni, della collana di quaderni “Storia dell’Oratorio Bresciano” promossa dalla Fondazione civiltà bresciana. La serie si propone di animare il dibattito sulla storia degli oratori bresciani, mediante contributi scientificamente fondati, sintetici ed essenziali. E, il saggio, con una perizia non comune, ricostruisce con il ricorso a documenti in parte inediti, i complessi e spesso difficili rapporti tra fascismo, oratori e circoli cattolici sino al 1931, anno in cui furono sciolti, attraversando l’arco temporale che va dall’instaurarsi del fascismo alla firma dei Patti lateranensi.

Se è vero che “quello dei cattolici al fascismo più che un no politico è un no etico”, l’antifascismo cattolico, secondo quanto scrive Mario Bendiscioli, “non si presenta organizzato in strutture clandestine, non intende agire con mezzi illegali”, ma “si mantiene nell’orbita della contestazione dottrinale, agisce sul piano morale dell’illuminazione e formazione delle coscienze con tutti i mezzi che detiene nella famiglia, nella scuola, nella società”. In principio, “di fronte agli atti di violenza che si andavano moltiplicando, i comportamenti dei cattolici e dell’autorità ecclesiastica vanno letti e interpretati su più piani”. Se “da un lato fu ribadito in termini formali la tradizionale dottrina dell’obbedienza all’autorità civile, dall’altro, grazie soprattutto alle posizioni espresse dal vescovo Gaggia, fu sottolineato con forza e senza spazio per fraintendimenti, il diritto delle associazioni cattoliche e degli oratori di provvedere all’educazione integrale dei bambini e dei giovani”.

La situazione divenne particolarmente difficile nel 1926 dopo l’istituzione dell’Opera nazionale balilla. Tra il 1925 e il 1928, infatti, le posizioni del vescovo, del clero e dei laici, nel Bresciano, “furono sostanzialmente univoche, al di là dei comportamenti che si manifestarono talvolta con diverse modalità”. Proprio mons. Gaggia denuncerà “la propaganda ideologica nefasta” del governo mussoliniano. Tali prese di posizione non passarono inosservate e Augusto Turati, il più importante esponente del fascismo bresciano, decise di intervenire dando il via a quell’azione di contrasto nei confronti del presule e delle associazioni cattoliche che sfocerà nella chiusura di circoli e ambienti oratoriani.

ROMANO GUATTA CALDINI 05 lug 2018 09:32