lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Odessa
di REDAZIONE 28 giu 2022 08:03

Le attese della campagna, il realismo delle Chiese

Ascolta

L’arrivo a Odessa della carovana della pace, organizzata dal coordinamento #stopthewarnow e alla quale ha aderito anche la Cei. Il grazie delle Chiese locali che hanno però sottolineato, pur con toni diversi, di non nutrire molta fiducia nel dialogo con Putin, unico responsabile della guerra, che deve essere fermata quanto prima

“La carovana della pace contiene tante storie, tanti volti, tante associazioni. Ma siamo tutti animati dal grande sogno che la pace è possibile. E noi siamo qui oggi a dire: basta, basta, basta, fermiamo la guerra!”. Lo ha detto il vescovo di Cassano all’Jonio e vice presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Francesco Savino, alla conferenza stampa che si è svolta a Odessa all’arrivo della carovana della pace, organizzata dal coordinamento #stopthewarnow e alla quale ha aderito anche la Cei. Il convoglio, composto da 15 mezzi, è sostenuto da una delegazione di 50 persone in rappresentanza di 175 organizzazioni della società civile italiana ed ha portato 40 tonnellate di beni di prima di necessità per la popolazione. Poi la carovana si sposterà a Mykolaïv, la città che sta combattendo per difendere tutta la regione dall’aggressione russa. L’iniziativa è coordinata da una cabina di regia composta dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, Pro Civitate Christiana, Cgil, Focsiv, Aoi, Rete italiana Pace e Disarmo, Libera contro le mafie. Tra le associazioni aderenti vi sono Nuovi Orizzonti, Arci, Legambiente, Focolarini, Mani Tese, Un ponte per.

Prendendo la parola, assieme ai vescovi locali della Chiesa latina e greco cattolica e ai rappresentanti della Chiesa ortodossa locale, mons. Savino ha portato la “fraternità” della Chiesa cattolica italiana e “l’abbraccio e la vicinanza” anche del segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, che ha incontrato nei giorni scorsi in Calabria e che ha assicurato che la Santa Sede “sta facendo tutto il possibile per tentare una diplomazia” e fermare questo conflitto. “La guerra non è mai una soluzione. È soltanto distruzione, desolazione e disperazione. La guerra è morte. Non siamo qui solo per portare aiuti umanitari. Questi aiuti ci saranno sempre. Le associazioni, il mondo della pace, la Chiesa italiana saranno sempre disponibili per aiuti umanitari. Siamo qui a dire che la non violenza è il metodo migliore per risolvere i conflitti perché la guerra è la morte della ragione e dei sentimenti. È la morte della politica e della diplomazia. Torniamo alla diplomazia. La sfida è quella indicata da Papa Francesco, la fraternità. Non esiste un vincitore nelle guerre. Dalla guerra usciamo tutti sconfitti e umiliati”.

Alla conferenza stampa sono intervenuti anche alcuni dei rappresentanti delle molteplici realtà che compongono la carovana. “Il nostro obiettivo – ha spiegato don Tonio dell’Olio, presidente della “Pro Civitate Christiana di Assisi” – è portare non solo gli aiuti umanitari ma anche seminare semi di pace attraverso l’incontro con persone che subiscono la guerra”. Tutta l’iniziativa è stata possibile grazie ad un piccolo gruppo di persone che ha organizzato ad Odessa l’iniziativa. Tra questi, c’è Alberto Capannini, della Comunità Giovanni XXIII. Prendendo la parola, ha detto: “Noi siamo venuti qui per dire: siamo con voi e non vi lasceremo soli in questo momento”.

Con gli interventi dei rappresentati delle Chiese ucraine, però, è emersa chiara la differenza di vedute con chi, come i rappresentanti della carovana, puntano su una soluzione pacifica del conflitto. Pur dimostrando apprezzamento per gli sforzi che si stanno compiendo per sostenere il Paese in questo momento tanto difficile, tutti, seppure con toni diversi, hanno evidenziato le pesanti responsabilità della Russia e la scarsa fiducia per una soluzione pacifica del conflitto in corso. Mosca, hanno ric0rdato, ha iniziato la campagna di ostilità nei confronti di Kiev già all’indomani dell’indipendenza ucraina del 1991 e diventata ancora più evidente e aggressiva, come ha ricordato il vescovo della Chiesa cattolica latina di Odessa, mons. Stanislav Szyrokoradiuk, dopo “Rivoluzione della dignità” quando il popolo scese per strada per la democrazia e l’Europa. “L’Ucraina oggi – ha detto il vescovo – sta pagando questa scelta a caro prezzo”.

“Vorrei fare un appello ai cari amici italiani: fate tutto il possibile per aiutare l’Ucraina a fermare questa guerra, perché, ogni giorno che passa, muoiono tante persone, non solo soldati ma anche civili. Stop the war now, fermate la guerra adesso”. Lo ha detto il vescovo greco-cattolico Mykhaylo Bubniy, esarca di Odessa. “Oggi – ha aggiunto – siamo al 124° giorno dall’inizio della guerra su vasta scala che la Russia ha lanciato contro lo Stato indipendente dell’Ucraina. Ad oggi sono stati registrati più di 5mila morti, di cui moltissimi sono bambini. Questi sono solo i dati ufficiali ma le cifre reali ci diranno che le vittime saranno sono molto di più perché in alcuni luoghi continuano i bombardamenti che impediscono statistiche certe”.

A seguito della guerra in Ucraina, circa 14 milioni di persone hanno lasciato le loro case e si sono trasferite in zone più sicure del Paese o all’estero. “Siamo di fronte ad una crisi umanitaria provocata dalla Russia nel 21° secolo. L’Ucraina oggi soffre e sanguina a causa della aggressione russa. Dobbiamo esserne consapevoli”. Il vescovo ha poi voluto chiarire che quella che i russi chiamano “operazione militare speciale” è in realtà “un genocidio del popolo ucraino”. “Siete arrivati nel nostro Paese con una speciale missione”, ha poi aggiunto rivolgendosi ai rappresentanti delle associazioni e dei movimenti che fanno parte della “carovana”. “Consegnare aiuti umanitari in segno di vicinanza e questo è per noi un gesto dal forte valore simbolico. La guerra è il più grande crimine contro l’umanità”.

“L’Ucraina è come un mendicante che tende la mano al mondo per chiedere tutto ciò di cui ha bisogno per difendersi” ha affermato invece il parroco della comunità di San Michele Arcangelo di Odessa che non ha mancato di criticare l’atteggiamento dell’Europa nei confronti del percorso che negli anni ha portato alla guerra in atto. “Ancora troppi in Europa si dicono allarmanti per la crescita del costo della benzina – sono state le sue considerazioni – ma non comprendono sino in fondo il dramma che l’Ucraina sta vivendo”. Ha poi puntato l’indice contro una comunità internazionale che ha assistito in un sostanziale immobilismo contro il progressivo aumento delle minacce russe nei confronti dell’Ucraina. “Sino al 1994 – ha continuato – eravamo la terza potenza nucleare del mondo, ma abbiamo accettato di smantellare i nostri arsenali, sulla base degli accordi di Budapest, in seguito alla promessa di Mosca di non attaccare il nostro Paese e del pronto intervento dell’Onu in caso di aggressione o minacce alla nostra sicurezza. Ma chi ha firmato il memorandum di Budapest ha ben presto voltato la testa da un’altra parte quando la politica di Mosca nei nostri confronti si è fatta sempre più aggressiva, Europa compresa”. Per questo ha chiesto che il Vecchio continente sia realmente al fianco dell’Ucraina sino a quando il russismo non sarà sconfitto, “anche perché – ha continuato – il nostro Paese sta combattendo una guerra per tutta l’Europa”. Per questo, sono state ancora le sue riflessioni, è necessaria una ferma condanna di ciò che ha fatto e sta facendo la Russia e, andando anche contro le convinzioni della campagna #stopthewarnow, ha dichiarato di avere scarsa fiducia nella possibilità di trovare una soluzione alla guerra in corso nel dialogo con Putin.

REDAZIONE 28 giu 2022 08:03