lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di L. ZANARDINI 28 mag 2015 00:00

Amanda Sandrelli: "Oscar mi ha cambiato molto"

All'interno del Festival della comunità, per l’opera di misericordia visitare gli infermi, Amanda Sandrelli porta in scena, mercoledì 3 giugno alle 21.30 nel chiostro di San Giovanni (ingresso libero), il suo monologo “Oscar e la dama in rosa” tratto dall'omonimo romanzo di Eric-Emmanuel Schmitt. In questa intervista Amanda Sandrelli descrive lo spettacolo e si racconta

“È uno spettacolo che amo tantissimo, perché è quello che mi piace fare attraverso il teatro. In un piccolo libro Schmitt è riuscito a parlare di Dio, della morte, della vita, dell’infanzia, di tutte le cose più grandi, con parole semplici e poetiche”. Amanda Sandrelli interpreta così con passione Oscar, un bambino malato di leucemia che, grazie all’amicizia con Nonna Rosa, una volontaria dell’ospedale in cui è ricoverato, rivive in 12 giorni i 12 anni della sua vita.

Lei ha molti film all’attivo e un’intensa attività teatrale, c’è qualcosa nel personaggio di Oscar di diverso dagli altri? Com’è nata l’idea di interpretare questa figura?

Oscar è sicuramente diverso da qualunque altra cosa abbia fatto. Non è corretto definirlo un monologo, è un tentativo di raccontare un romanzo. Non è una cosa scritta per il teatro. L’idea era proprio di raccontare un libro attraverso tutti gli strumenti del teatro, caratterizzando i personaggi. Io sono Oscar, ma sono anche nonna Rosa, la volontaria, l’unica persona che riesce ad affrontare insieme al ragazzino un percorso inaffrontabile, per ovvi motivi, per i genitori… Nonna Rosa inventa questo: gli fa vivere la sua vita come se ogni giorno valesse 10 anni… Oscar vivrà i primi 10 anni, poi l’adolescenza, poi si sposa, si innamora, poi invecchia fino ad arrivare a 120 anni.

In realtà sono, però, gli ultimi 12 giorni della vita di un bambino...

Credo sia un inno commovente alla vita: Oscar è un bambino che vuole vincere, vuole vivere la sua vita e in qualche modo la vive, come un gioco, ma la vive fino alla fine. Per lo spettacolo sono state scritte delle musiche apposite da Giacomo Scaramuzza sulle traccia de "Lo schiaccianoci" di Čajkovskij. Mi riconosco pienamente nel lavoro del regista Lorenzo Gioielli: è una delle cose più belle che ho fatto. L’abbiamo allestito tre anni fa e lo porto dove sono preparati ad accoglierlo.

Ogni momento della nostra vita ci trasforma. Quanto sta cambiando Amanda Sandrelli con questo spettacolo?

Questa è stata una tappa molto importante. È uno di quei casi in cui il mio lavoro non è solo lo spettacolo, ma è tutto quello che viene prima: la ricerca di un testo, il farlo maturare, il crescere con il testo. Ogni volta che torno in scena con Oscar lo ristudio. Mi ha cambiato molto e mi ha fatto crescere. Ha seguito anche la maturazione fisiologica dell’età che avanza… Mi ha accompagnato in questo momento di cambiamento, perché i 50 anni rappresentano uno di quei momenti di svolta, abbastanza forte, della vita. Non sono credente: ho sempre avuto molto rispetto e una leggera invidia per chi crede… Non ho cambiato idea e non ho avuto folgorazioni, ma ha modificato il mio rapporto con la religione. Ogni lettera di Oscar inizia con “Caro Dio”. Il rapporto di Oscar con Dio e con la religione, il modo con cui Schmitt lo racconta, mi fa capire profondamente, senza allontanarmi, che cos’è la religiosità e quanto possa essere anche laica. Sì, credo che la spiritualità, e in un certo senso la religiosità, possano essere anche laiche. Questo spettacolo ha avuto un rapporto importante con la religione, per il momento dal punto di vista filosofico, e non so dove mi porterà questo cammino…

"Oscar e la dama in rosa" è anche un modo per raccontare l’esperienza della malattia… Qual è il messaggio che volete dare?

La malattia, la morte, la vecchiaia sono i tabù di quest’epoca. Siamo tutti giovani, sani e belli in questa rappresentazione falsa ma continua. Questo porta a essere particolarmente impreparati di fronte alla malattia e alla morte, che, purtroppo, fanno parte della vita. Farsi delle domande (sono più importanti delle risposte) su questo argomento attraverso il teatro credo che sia uno strumento. Si piange tanto, ma si ride anche. La storia non finisce bene come un film americano, ma non c’è un’altra possibilità… Se l’avessi visto in platea, mi avrebbe fatto lo stesso effetto. Oscar è talmente vivo e talmente ricco che non puoi che uscire con questa sensazione, pur avendo riflettuto su una delle cose più spaventose al mondo: un bambino malato. Oscar non è uno spettacolo, è un’esperienza.

Parliamo di Oscar, ma il suo racconto è suggerito da una persona straordinaria come “Nonna Rosa”, una volontaria che offre un prezioso contributo…

Nonna Rosa è il personaggio sul quale ho, paradossalmente, lavorato di più. È un personaggio più complesso. Si mette al servizio di un bambino che ha bisogno di spiegazioni su una cosa che non ha spiegazioni. Propone Dio, propone la fede. Il libro da cui è tratto fa parte della trilogia di Schmitt sulle religioni: gli altri due testi sono “Il bambino di Noè” sull’ebraismo e “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” sull’lslam. Con “Oscar e la dama in rosa” Schmitt propone la soluzione cristiana, propone la fede che in qualche modo Oscar accoglie. Nonna Rosa non è sicura di quello che dice, la sicurezza che ha è funzionale a Oscar: ha mille dubbi, ha paura di mille cose, ma in questa storia deve essere forte. Tutti i volontari sono esseri umani con dubbi e fragilità.

E nel futuro di Amanda Sandrelli cosa c’è?

Ho sempre parecchi progetti che bollono in pentola. La prossima stagione teatrale farò una commedia spagnola molto divertente (“Il bagno”) alla Sala Umberto. Per quest’anno ho scelto solo Roma, perché avendo due figli di 17 e di 11 anni mi sono preso un attimo di pausa dalla tournée dopo due stagioni con la commedia, sempre spagnola, “Tres”. Dopo alcuni anni di monologhi, vorrei, invece, dedicarmi a pensare a qualcosa di bello, cioè mi piacerebbe trovare qualcosa con le stesse sensazioni di Oscar ma da fare con un gruppo di attori.
L. ZANARDINI 28 mag 2015 00:00