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Brescia
di RICKY BARONE 23 mag 2022 09:53

Michele Gazich torna a Brescia per la Cattolica

Michele Gazich ritorna a celebrare, dopo 10 anni, un evento in collaborazione con l’Università Cattolica di Brescia.

Era il 18 maggio 2012, infatti, quando il violinista girovago, bresciano di nascita, ma cittadino del mondo, si esibiva nel fantastico contesto del Duomo Vecchio di Brescia, la famosa “Rotonda”. L’occasione era la presentazione del suo progetto “Verso Damasco”, sostenuto dell’Università Cattolica di Brescia. Il legame tra la Cattolica e i Gazich, famiglia esule dalla Jugoslavia di Tito, è solido e di lunga durata, avendo per anni insegnato in quelle aule il papà di Michele Gazich, il prof. Roberto Gazich.

Dopo l’introduzione di Mario Taccolini, docente alla Cattolica di Brescia, entra in scena dal fondo del palco Michele Gazich, che si insinua tra i due musicisti suoi collaboratori: a destra Giovanna Famulari, voce e violoncello e a sinistra Marco Lamberti, il “maestro dell’anima”, fedele accompagnatore di Michele Gazich da molti anni. “Era un mio profondo desiderio tornare a suonare nella mia città” introduce Michele Gazich prima di attaccare “L’idiota è tornato in città”, uno dei suoi pezzi più noti e incisivi, straordinariamente attuale oggi, in tempi di guerra e di battaglie culturali, che non risparmiano nemmeno il mito di Dostoevskij, cui è ispirato il brano.

Il suono del trio risulta perfetto. Giovanna Famulari è l’ultima entrata nel gruppo, intercettata durante un suo concerto con Mario Castelnuovo. La pandemia con il fermo dei concerti e dei tour ha consentito l’inizio della collaborazione tra il violinista e la polistrumentista, che, alla prova dei fatti, si sta dimostrando magica. Giovanna ha portato l’eleganza e la solidità del suo suono, la voce, la visione e quel tocco di femminilità necessari a cementare musiche e idee che non mancano di certo a Michele Gazich. Marco Lamberti è compagno di viaggio da sempre di Michele e, a questo punto della loro “storia”, mostra di aver raggiunto una consapevolezza, una scioltezza sonora e un affiatamento con Gazich straordinari, così da meritarsi il titolo di “maestro dell’anima” e diciamo pure del suono.

Un concerto intenso, nell’affascinante spazio dell’Auditorium San Barnaba, con nessun orpello scenografico se non un delicato gioco di luci, un palcoscenico scarno sul quale Michele Gazich ha potuto esprimere la sua innata teatralità. Il suono di Michele Gazich e le sue canzoni, mai banali, sempre ricche di ispirazione e di riferimenti colti, hanno fatto la differenza, con quello strano miscuglio, direi unico, tra classica, folk e blues. Il trio ha mostrato di possedere un livello superiore e pare in grado di sostenere palcoscenici di caratura mondiale. “Il suono di Giovanna Famulari è come un abbraccio, ciò di cui abbiamo avuto bisogno in questi anni”, queste le parole con cui Michele Gazich introduce la title track del suo ultimo lavoro, “Argon”, tema al centro di questa serata, dedicata ai 50 anni della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali dell’Università Cattolica di Brescia. Un disco che porta il titolo del primo racconto del volume di Primo Levi “Il sistema periodico”, che paragona l’argon, un gas inerme, alla comunità ebraica piemontese di cui faceva parte, una comunità “ai margini ma mai emarginata”. C’è spazio per rievocare la storia del profeta in “Come Giona” e di ricordare l’addio alla Jugoslavia (di Tito) da parte della dinastia dei Gazich, in “Venezia 1948”. Michele alterna suoni e parole, a volte imbraccia il violino con veemenza e trasforma il suo pensiero in impeto sonoro, altre volte dispensa pillole di riflessione, non trascurando una “stoccata” alla sua amata città nativa: “Tra capitale della cultura e capitale delle armi serve fare qualche passo intermedio”. Senza nulla concedere al sentimentalismo ricorda il maestro Franco Battiato ad un anno esatto dalla sua scomparsa eseguendo “Lode all’inviolato”, in “un tempo in cui tutto è violato”. Marco Lamberti passa al bouzuoki, Michele Gazich si fa servire l’aperitivo ricordando Montale (“Canticchiare aiuta”) mentre Giovanna Famulari mantiene sempre la retta via musicale col suono delizioso del suo violoncello, capace di andare in profondità per poi elevarsi oltre le nuvole. “L’Angelo ucciso” è la dedica di Michele Gazich al grande poeta Pier Polo Pasolini (“Tu scrivevi mentre l’Italia moriva, tu pregavi il Cristo dei contadini”) prima di concludere il concerto con una canzone ispirata ai lavori del poeta ebraico Paul Celan (“forse il più grande poeta ebraico del secolo scorso”), “Il latte nero dell’alba”.

Applausi, uscita di scena e rientro per concludere con l’inedito “L’idiota lascia la città”, con passerella finale di Michele Gazich che se ne va cantando e salutando il numeroso pubblico accorso.    


RICKY BARONE 23 mag 2022 09:53