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Roncadelle
di VITTORIO BERTONI 21 feb 2020 10:22

Uno scrittore prestato alla fiction

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Intervista a Enrico Ianniello, volto noto della tv, in occasione della presentazione, a Roncadelle del suo libro “La Compagnia delle Illusioni”

Attore, traduttore, scrittore e regista. Enrico Ianniello, artista poliedrico, è stato ospite, nei giorni scorsi, del primo appuntamento straordinario di “Libri in Movimento” rassegna letteraria itinerante, organizzata da associazioni ed enti che operano in campo culturale sul territorio bresciano, a Roncadelle. “La quinta edizione – spiegano i promotori - si ispira all'Odissea, considerato il poema della saggezza per l'affacciarsi di meditazioni morali che ci aprono alla verità e alla libertà di essere veramente umani. Meditazioni che rappresentano l’urgenza di questa nostra contemporaneità”. Ianniello è noto al pubblico anche nel ruolo del commissario Vincenzo Nappi al fianco di Terence Hill, prima, e di Daniele Liotti, poi, nella fiction televisiva “Un passo dal cielo”. Ma il suo esordio da scrittore, nel 2015, con il pluripremiato romanzo “La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin” lo porta sulla scena letteraria contemporanea come una delle voci più interessanti e apprezzate da pubblico e critica. “Voce” lo ha intervistato.

Ianniello si sente più attore e scrittore?

Sicuramente mi sento più attore. La vera differenza sta nel fatto che l'attore deve necessariamente mettersi dalla parte della luce e deve farsi guardare, mentre lo scrittore si nasconde dietro il proiettore e lo punta verso gli altri, per osservarli. In realtà da quando frequento i luoghi della letteratura ho scoperto che anche gli scrittori non vedono l'ora di farsi guardare. In questo movimento tra l'essere guardati e il guardare sta la differenza tra i due lavori.

Che cosa ti ha spinto a diventare scrittore?

Mi ha spinto molto il lavoro di traduttore. Mi ha convinto a tradurre quello che sentivo dentro di me a livello narrativo, non a livello sentimentale, né psicologico, trasformandolo in una forma comprensibile agli altri.

Parliamo un po’ di “La Compagnia delle Illusioni”, il suo secondo romanzo…

Partiamo dal protagonista: il 50enne, attore deluso, Antonio Morra. La sua vita si è persa molti anni prima, quando Lea, l'amatissima fidanzata che portava in grembo la loro bambina, è morta. Da allora vive con mammà e la sorella Marì a Napoli e si arrabatta dirigendo la compagnia teatrale amatoriale fondata dal suo dentista per compiacere le amanti e i clienti importanti. La rinascita arriva grazie alla misteriosa zia Maggie, che lo attrae nella rete segreta della Compagnia delle Illusioni. Ed è così che Antonio diventerà finalmente 'o Mollusco: l'interprete di mille ruoli diversi che gli permetteranno di influire sulle vite altrui, perché "le persone non vedono ciò che è vero, ma rendono vero quello che desiderano vedere". Ma proprio quando crederà di essere al sicuro da ogni responsabilità verso se stesso e gli altri, quando l'illusione avrà sovvertito la sua vita e tutta Napoli, proprio in quel momento avrà l'occasione di ritrovarsi. Perché, in fondo, "la conseguenza ultima della finzione è la verità.

Quanto di Ianniello c'è in Morra?

Passatemi la battuta: al di là dell'età, c'è una grossa differenza, che Morra è un attore fallito. Tornando seri, anche a me come a Morra piace andare in giro ad osservare, tenere a mente e usare le sfumature in un personaggio da mettere in scena o da descrivere in un libro.

Tutto il mondo è teatro come dice Shakespeare?

I personaggi del romanzo non indossano una maschera per una questione di accettazione sociale, la indossano perché fanno scientemente finta di essere qualcun altro e lo fanno perché hanno a cuore di dimostrare che soltanto inseguendo le illusioni della gente riescono ad ottenere un mondo peggiore, non migliore”.

Qual è il rapporto dunque tra illusione e realtà?

La realtà è la conseguenza estrema dell'illusione e il teatro, che rappresenta la forma più estrema della finzione è il tramite per sperimentare e trovare la verità.

VITTORIO BERTONI 21 feb 2020 10:22