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di SERGIO ARRIGOTTI 23 feb 2021 08:00

Rimanere in Cristo

Don Marco Iacomino, nuovo parroco di Edolo, Cortenedolo, Monno, Sonico, Rino di Sonico e Garda di Sonico si racconta

Don Marco Iacomino è il nuovo parroco di Edolo, Cortenedolo, Monno, Sonico, Rino di Sonico e Garda di Sonico. Sei comunità che devono camminare insieme. Nato nel 1972 e ordinato sacerdote nel 2007, don Marco è originario della parrocchia di Montecchio. Nel corso del suo ministero sacerdotale ha svolto i servizi pastorali di curato alla Volta Bresciana in città dal 2007 al 2009 e a Casto, Comero e Mura dal 2009 al 2014 di cui dal 2014 è divenuto di parroco.

Don Marco, cosa è stato determinante nella sua scelta vocazionale?

L’incontro con Cristo, attraverso un cammino di fede, preghiera e condivisione con laici e sacerdoti, che mi hanno aiutato a passare da un “Gesù come idea” ad un’esperienza concreta di Lui e del suo mistero.

Lei è stato in diverse comunità. In particolare in Valsabbia in tre parrocchie piccole con l’unità pastorale. Cosa ha imparato in questi anni di ministero?

Mi sta a cuore dire che ho ricevuto tanto dalle parrocchie e dai sacerdoti della Valle Sabbia: amicizie, incontri, esperienze condivise, cammini comuni. Nelle parrocchie di montagna, anche se piccole, c’è ancora un bel vissuto di fede e di comunità. In merito alle unità pastorali ho imparato che, accanto alla gradualità, molto importante è la comunicazione, ossia far comprendere ai parrocchiani che “unità pastorale” non significa “unità parrocchiale” (nel qual caso le parrocchie scomparirebbero, perdendo storia, originalità e tradizioni di ciascuna). Nell’unità pastorale, invece, le parrocchie non scompaiono e mantengono la propria identità e originalità, a servizio, però, di un cammino di santificazione comune. Detto in altri termini, i “campanili” rimangono, ma l’altare (che rappresenta Cristo) è più importante dei personalismi e delle logiche di parte.

E ora ad Edolo. Per lei camuno si tratta di un ritorno in Valle. Ha già in mente delle priorità pastorali?

Preciso che non solo è un ritorno in valle, ma è un ritorno anche ad Edolo. Lì ho lavorato un anno e mezzo in banca fino al 2000 quando ho lasciato per entrare in Seminario. Ritornando alle priorità pastorali, ne evidenzio alcune: la comunione con i confratelli che condivideranno con me la cura delle parrocchie; l’esserci, non solo nei momenti liturgici, ma anche nella vita e nel vissuto delle persone; suscitare sempre più la consapevolezza che le parrocchie sono affidate al parroco insieme ai parrocchiani; proseguire il cammino verso l’unità pastorale delle sei parrocchie.

A causa del Covid lei ha perso, nei mesi scorsi, il padre. Cosa insegna l’epidemia alle nostre comunità?

Questo è stato un anno particolare per tutti, con momenti di dolore e di consolazione, momenti di tenebre e di luce; non nascondo che li ho vissuti anche io con la nascita al Cielo del mio caro papà Ciro. Sono tante le “cose” che ci sta insegnando la pandemia, in particolare: un appello forte alla conversione personale e pastorale; un invito a rinnovare la passione per Cristo e per la vita; a riscoprire la centralità della famiglia, chiesa domestica, luogo privilegiato della trasmissione della vita e della fede. Come in tutte le prove, anche nella pandemia, è necessario pregare per superare le difficoltà e discernere nella storia l’operare di Dio.

C’è un versetto del Vangelo che le è particolarmente caro?

Ce ne sarebbero tanti, uno in particolare fa da riferimento alla mia vita sacerdotale: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Rimanere in Cristo è la radice della fecondità personale e pastorale. Nella vigna i tralci sono tutti imperfetti, storti, tuttavia la loro fruttuosità non dipende dal fatto di essere perfetti, ma dall’essere inseriti nella vite. Allo stesso modo nella vita, nessuno di noi è perfetto, ognuno ha i propri limiti. Il segreto è tutto nell’innesto in Cristo. Questo bisogna curare a tutti i costi; è questa la vera ascesi.

Ci sono figure di Santi a cui si ispira o si è ispirato nel suo ministero?

In particolare alla Vergine Maria e a San Giuseppe. Accanto a loro vorrei citare il Beato Innocenzo da Berzo, del quale sono stato sempre devoto essendo il protettore delle parrocchie dell’Alta Valle Camonica: un uomo innamorato di Cristo, dell’Eucaristia, della Madre Di Dio; un uomo di preghiera, umile, buono, trasparente.

SERGIO ARRIGOTTI 23 feb 2021 08:00