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Brescia
di ELISA PELLEGRINELLI 23 ott 2020 10:49 Ultimo aggiornamento 23 ott 2020 10:45

La Carovana per trovare se stessi

“Pronti, Via!” è il progetto di Fondazione Exodus per il contrasto alla povertà educativa minorile. Si tratta di un intervento quadriennale per dare una risposta psico-socio-educativa a minori sottoposti a misure restrittive da parte della Autorità giudiziaria, attraverso il modello “Carovana”, una intensa esperienza educativa itinerante che fa parte del Dna di Exodus e che mira a diventare proposta strutturata integrata dei servizi giustizia minori. Jurgen, 26 anni, è l’unico ragazzo bresciano a far parte di questa realtà in qualità di educatore e ha raccontato le prime impressioni ricevute in questi mesi di lavoro a contatto con gli adolescenti. Cresciuto a contatto con i missionari bresciani a Suç (Albania), risiede presso la Famiglia Universitaria della Fondazione Tovini. La Carovana è partita all’inizio del mese di agosto dalla Val di Mello; il 9 ottobre, dopo una settimana di sosta, è iniziato, da Brescia, il secondo tempo del viaggio con le tappe di Assisi, Pieve di Romena, San Martino di Viterbo e Isola d’Elba dove, presso la sede Exodus, faranno esperienza della navigazione.

Jurgen, come procede la sua esperienza sul campo dopo la laurea in Scienze della formazione e dell’educazione in Cattolica?

C’è una grande differenza tra la teoria e la pratica. Durante i miei studi in Cattolica (è iscritto al secondo anno della magistrale in progettazione pedagogica e formazione delle risorse umane, nda), ho potuto comprendere quanto i professori siano aperti alle novità e alle nuove esperienze. Quando però ci si approccia al mondo del lavoro, si capisce che ci sono molte differenze rispetto a tutta la teoria studiata. Una volta sul campo, capisci meglio certi aspetti e ti rendi conto che, nonostante la preparazione, l’elemento più importante è l’esperienza. Sto seguendo anche la rendicontazione e la contabilità di questo progetto. Con i miei colleghi, avevo ideato numerosi progetti in classe, tuttavia non avevo compreso del tutto il senso e il valore dell’elemento economico e della sostenibilità di un Centro come il nostro.

Ci può spiegare il progetto?

Il progetto innovativo coinvolge ragazze e ragazzi minorenni che hanno commesso degli illeciti di bassa gravità. Siamo costantemente in collaborazione con una rete capillare di assistenti sociali e di giudici. Il nostro lavoro è quindi quello di cercare di trovare percorsi alternativi per questi adolescenti. Ad esempio, piuttosto che mandarli in comunità o agli arresti domiciliari, noi ci prendiamo carico di questi ragazzi. È importante sottolineare che la Fondazione Exodus non è una comunità, ma un agglomerato di persone che vogliono formare un gruppo, una realtà di solidarietà ed aiuto reciproco all’interno della quale viviamo insieme. Ci sono sempre dei problemi, quindi si fa fatica a convivere: gli elementi che non possono mancare sono sicuramente l’empatia, la reciprocità, la collaborazione e il mettersi in gioco. La prospettiva è quella di riuscire a cambiare la vita e l’idea della vita che questi giovani hanno. Desideriamo non solo fare amicizia con loro, ma anche che tra loro si crei una rete di supporto dove ognuno può contare sull’aiuto dell’altro. Ci sono così tante meraviglie che ci dona la vita e vogliamo che anche questi ragazzi possano rendersene conto. C’è anche l’aspetto della responsabilità, in base al quale cerchiamo di impostare una visione del futuro, una costruzione della vita, un possibile percorso da intraprendere al di fuori delle mura della Fondazione.

Ha qualche aneddoto o storia speciale da raccontare?

Ci sono molte storie che potrei raccontare, sia riguardanti i ragazzi che il nostro team. Un fatto che mi sento di sottolineare è la presenza di numerosi cambiamenti. Ci sono stati ragazzi che hanno rivoluzionato completamente la loro esistenza, trovando un posto nel mondo. Questi adolescenti, che sono in Carovana con noi nell’ambito del progetto “Pronti, Via!” sono al momento otto. Ci sono molte cose positive e spero che questo lavoro aiuti un numero sempre maggiore di giovani.

Quali sono le prime impressioni?

Le prime impressioni che ho avuto del progetto sono nate grazie alla chiamata che ho ricevuto da parte della Cattolica. Dopo aver letto la relazione ero molto interessato, ma non sapevo nello specifico quali sarebbero state le mie reazioni, i miei stati d’animo e le mie emozioni nella realizzazione pratica. Ci sono state difficoltà, legate non solo alla pandemia, ma anche al comportamento di certi ragazzi che, per problemi individuali, hanno deciso di tornare a casa. Il progetto finirà a metà dicembre 2020. Sono ormai quasi cinque mesi che giriamo l’Italia e visitiamo luoghi con i ragazzi. Abbiamo due furgoni e un camper. In questo momento, ovvero a metà ottobre, ci troviamo ad Assisi. Siamo partiti dalla Val di Mello e da Morbegno, poi abbiamo proseguito verso Bologna e Firenze. Dopo le due città c’è stata una pausa di una settimana. Le prossime tappe saranno nelle Marche per poi concludere il viaggio all’Isola d’Elba a dicembre. Al nostro rientro ci sarà una valutazione del percorso dei ragazzi. Il programma ripartirà poi a febbraio 2021 e, anche se non abbiamo ancora finito, non vedo l’ora di ricominciare.

ELISA PELLEGRINELLI 23 ott 2020 10:49 Ultimo aggiornamento 23 ott 2020 10:45