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Roma
di PATRIZIA CAIFFA 10 apr 2018 08:04

Meno rifugitati? Non è una buona notizia

Presentato ieri a Roma il Rapporto 2018 del Centro Astalli, il servizio dei gesuiti che si occupa dei rifugiati. La riduzione del numero degli arrivi nasconde situazioni ancora più drammatiche

“Il calo del numero di persone che arriva in Europa in cerca di protezione non è necessariamente una buona notizia” e aumentano “le difficoltà di accesso alla protezione per chi chiede asilo”: la sottolineatura arriva dal Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati che ha la sua sede a Roma e che ieri ha presentato il Rapporto annuale 2018, una fotografia aggiornata sulle condizioni dei richiedenti asilo e rifugiati che si rivolgono ai loro centri e servizi.

Una constatazione che scaturisce dall’effetto delle misure governative introdotte nel 2017, tramite l’accordo con Libia, per ridurre il flusso degli arrivi, gli sbarchi e le morti nel Mediterraneo. Secondo il Centro Astalli, però, la mortalità delle rotte è rimasta invariata: 2 migranti su 100 non ce l’hanno fatta, sia nel 2016, sia nel 2017. E sono aumentate le vittime di torture e violenze psicologiche causate dalla prolungata permanenza nei centri libici. In più, “nonostante il calo degli arrivi registrato in Italia nel corso del 2017 – si legge nel rapporto – ossia 119.369 rispetto ai 181.436 dell’anno precedente, l’obiettivo di una sistema di accoglienza unico e con standard uniformi è ancora lontano”. Il Centro Astalli denuncia inoltre, “nonostante l’aumentata capienza del sistema di accoglienza nazionale”, la presenza di “un numero crescente di persone che restano escluse dal sistema di accoglienza e vivono in strada”.

Che il calo degli arrivi non sia una buona notizia è chiaro dall’aumento delle persone traumatizzate che arrivano al Centro Astalli, in particolare al Centro SaMiFo che assiste vittime di violenza internazionale e tortura. “Il numero è cresciuto nel 2017” a causa delle misure introdotte nel 2017, che riportano i migranti al porto di partenza. Queste implicano “che i migranti siano trattenuti in Libia più a lungo e possano essere soggetti a detenzione in condizioni critiche”.

Un quarto delle persone che nel 2017 si sono rivolte allo sportello di ascolto socio-legale ha vissuto “significative esperienze di tortura e violenza intenzionale”.

Nei centri di accoglienza gestiti dal Centro Astalli le persone vulnerabili sono il 40% degli ospiti. Sono soprattutto donne, ma anche giovani uomini e bambini. Non è migliore la situazione ai confini dell’Europa (nelle isole greche, ad esempio) dove in seguito agli accordi con la Turchia che bloccano le partenze, “si continua a restare intrappolati in situazioni di limbo, senza speranza e, in alcuni casi, senza le condizioni minime di una vita dignitosa”.

I Centri di accoglienza straordinaria (Cas) restano oggi “la soluzione prevalente – evidenzia il rapporto -, mentre la rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), sia pure in crescita, a luglio 2017 copriva poco meno del 15% dei circa 205.000 posti disponibili”.

Nonostante il tentativo di razionalizzare e aumentare il numero dei posti disponibili incentivando i comuni ad aderire alla rete Sprar, di fatto ”la situazione su molti territori non è in linea con quanto previsto” e il passaggio tra la prima e la seconda accoglienza avviene “con forte ritardo e per un numero limitato di persone, penalizzando la qualità dei percorsi di integrazione”.

Le persone che abbandonano i centri o che hanno ricevuto un revoca delle misure d’accoglienza sono una grossa preoccupazione per il Centro Astalli. Molti di loro finiscono in strada o in soluzioni abitative precarie, ed escono allo scoperto solo durante sgomberi eclatanti. Molti richiedenti asilo, denuncia il Centro Astalli, “restano tagliati fuori da ogni forma di accompagnamento e di supporto, materiale e legale. Non è il raro il caso in cui anche la procedura d’asilo risulta sospesa e compromessa, aggravando le loro condizioni di precarietà”. Una presenza marginale e nascosta che, a parte i rari momenti di visibilità mediatica, risulta “ignota non soltanto alle istituzioni ma anche agli enti di tutela”. A Roma l’inclusione dei richiedenti asilo e rifugiati è diventata ancora “più difficoltosa” a causa di una delibera comunale che impedisce ad enti come il Centro Astalli di rilasciare il proprio indirizzo come residenza anagrafica.

PATRIZIA CAIFFA 10 apr 2018 08:04