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di GIAN ANTONIO GIRELLI 08 feb 2024 22:15

Agricoltura: la posta in gioco è alta

La riflessione del parlamentare del Partito Democratico, Gian Antonio Girelli

Le proteste degli agricoltori con le manifestazioni di questi giorni, nascono da problemi generali e annosi ma anche da una contingenza che non è solo europea ma anche tutta italiana. Le due questioni si combinano a tal punto che, spesso facciamo fatica a capire quali siano le ragioni e, soprattutto, quale sia la posta in gioco.

Da una parte vi sono argomentazioni comuni all’intero perimetro dell’Unione Europea: le critiche verso la PAC, le tensioni sulle scelte europee per l’attuazione del Green Deal con riferimento alla stretta sull’uso dei pesticidi (con il dietro front di queste ore), al consumo del suolo, alla rotazione delle colture più pesanti per l’ambiente. Scelte che rischiano di produrre ulteriori danni economici alle imprese agricole.

In Italia, invece, la protesta ha assunto connotati più marcati di critica verso l’azione del Governo, anche se, nelle ricostruzioni di stampa questo aspetto tende ad essere più sfumato di quanto non dovrebbe: in particolar il movimento di protesta italiano è fortemente concentrato contro le recenti misure decise dall’esecutivo con la legge di Bilancio e il decreto Milleproroghe. Dentro la protesta dei trattori “nostrani” vi è un movimento composito e differenziato dove si saldano proteste anti-sistema da una parte, ma anche ragioni contingenti e fondate che, seppure a volte possono apparire esagerate e fuori luogo, hanno motivazioni solide che, qui, voglio brevemente esplicare.

Il Governo Meloni, a partire da gennaio 2024, non ha prorogato norme fiscali e tributarie con le seguenti conseguenze:

- abolito l’esenzione Irpef per il settore agricolo, disponendo che le rendite catastali dei terreni tornino a essere imponibili, rivalutate del 70% per quanto riguarda il reddito agrario e dell’80% per il reddito dominicale,

- ha escluso dalle agevolazioni del reddito agricolo quello proveniente da canoni delle rinnovabili che non saranno più agevolati.

- ha cancellato l’esenzione contributiva di due anni per gli imprenditori agricoli di età inferiore ai 40 anni, che aveva consentito l’avvio del cambio generazionale

- ha reso obbligatorio che l’agricoltore si paghi un’assicurazione contro gli eventi catastrofici riducendo dal 70 al 40% la percentuale di copertura garantita dallo Stato, rendendo nei fatti impraticabile per i costi esorbitanti la sottoscrizione delle polizze.

- ha escluso il credito d’imposta per i carburanti e per le imprese agricole e agroalimentari che vogliono realizzare investimenti per la realizzazione o l'ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico.

Fino alla legge di Bilancio 2023, la copertura per l’esenzione IRPEF era di 250 milioni di euro all’anno, servivano 60 milioni per la copertura dell’esenzione contributiva per circa 10mila giovani agricoltori under 40. Il Governo Meloni ha quindi girato 310 milioni di euro quali nuovi costi per le imprese agricole, cui si aggiungono maggiori oneri per le assicurazioni e le bollette dell’energia. A rendere questa tempesta perfetta, aggiungiamo che l’aumento del costo del denaro che, per effetto dell’aumento dei tassi di interesse, ha reso di fatto impraticabile il ricorso al credito per nuovi investimenti necessari per ripristinare impianti e attrezzature devastate dalle calamità naturali, da agenti patogeni e da insetti che hanno messo in ginocchio interi settori soprattutto frutticoli.

Si potrebbe continuare anche in tema di energia, sia sul versante dei costi, sia sul versante delle agevolazioni volte ad incentivare l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, una delle grandi sfide che, in materia di transizione ecologica, attende le nostre aziende agricole e sulle quali il governo non si è impegnato con la dovuta lungimiranza anche nel da poco approvato Decreto Legge Energia.

Un quadro desolante, che denota una totale assenza di strategia politica per il nostro settore primario che si trova in prima linea nella difesa del territorio, per tutela della biodiversità e la produzione di cibo di qualità, in un contesto di profonda fragilità determinato dal cambiamento climatico e della crisi energetica

Diventa fondamentale e, vorrei dire imperativo, sostenere l'agricoltura nel processo di transizione come per tutti gli altri settori produttivi del Paese: è una necessità di interesse generale e non per una logica corporativa, come vorrebbero far passare i populisti nostrani in una continua contrapposizione tra le parti.

Ecco, se partiamo dall’assunto che sostenere l'agricoltura è interesse generale, dobbiamo accompagnare il comparto agricolo nel cambiamento prevedendo misure speciali e straordinarie di sostegno agli investimenti, ai giovani e all'imprenditoria femminile agricola, favorendo così il ricambio generazionale.

Gli agricoltori per competenza e attività possono e devono essere protagonisti attivi e principali nella fase della transizione ecologica e digitale per mettere a sistema un nuovo modello di sviluppo improntato alla qualità, alla sostenibilità e alla giustizia sociale: questa è la sfida del futuro da cui dipende la nostra stessa sopravvivenza, non certo la mera difesa della categoria.

Non è più tempo di elargire finte promesse da imbonitori di piazza: quello dell’agricoltura è uno dei settori chiave del Made in Italy, che deve essere aiutato nelle sfide sempre più impegnative che lo aspettano non indebolito da strumentalizzazioni tattiche da eterna campagna elettorale.

La posta in gioco è alta: senza scelte politiche coraggiose, competenze e visioni di lungo respiro, l’Italia corre il rischio di vedere accentuati conflitti sociali, perdendo competitività e qualità.

GIAN ANTONIO GIRELLI 08 feb 2024 22:15