Fine vita: no a logiche di partito
La riflessione del coordinatore “Centro presenza di Brescia insieme per”
Giorgio La Pira, nel 1978, mentre era in atto la campagna socio-politico-culturale a favore dell’aborto, definì l’aborto il “limite invalicabile”, oltre il quale si sarebbe aperto il baratro della morte come diritto civile. Se mai ce ne fosse stato bisogno, proprio in questi giorni, con l’approvazione della scellerata legge sulla “morte volontaria medicalmente assistita”, abbiamo avuto la prova di quanto fosse stata profetica quell’affermazione. Lo stesso accorato appello del Santo Padre, “la morte va accettata, non somministrata … esiste il diritto alla vita, non alla morte” è passato inascoltato anche nelle coscienze e nelle menti di parlamentari che si proclamano cattolici, e agiscono in modo esattamente opposto alla Rivelazione, alla Tradizione e al Magistero, passato e presente, della Chiesa. La recente dichiarazione “Samaritanus Bonus” della Congregazione della Dottrina della Fede, con la firma del Santo Padre in calce, non lascia spazio a dubbi: uccidere una persona è sempre un atto immorale, intrinsecamente malvagio, che non può trovare giustificazione alcuna. Almeno una volta, abbiamo il coraggio di chiamare i fatti con il loro nome, anche se certamente non “politicamente corretto”: è un peccato mortale, un atto che insedia la morte spirituale nella nostra vita e corrompe la nostra coscienza e esistenza .La proposta di legge approvata alla Camera “ sulla morte volontaria medicalmente assistita” è fuorviante ridurla ad un contrasto tra laici e cattolici, fra desta e sinistra ma è invece un tema che tocca la coscienza di ciascuno di noi.
Nel progetto di legge approvato alla Camera il 13 vi sono alcune parti che appaiono in contrasto con le indicazioni della sentenza n.242 /2019 della Corte Costituzionale e più in particolare, laddove: la Suprema Corte ha ben definito l’ambito che riguarda i casi irreversibili dove le cure diventano accanimento terapeutico, mentre invece adesso si allarga ad una condizione imprecisata di disabilità il diritto al fine vita assistito;appare disatteso l’invito pressante della Corte costituzionale sull’esigenza “di adottare opportune cautele affinché l’opzione della somministrazione di farmaci in grado di provocare entro un breve lasso di tempo la morte del paziente non comporti il rischio di alcuna prematura rinuncia, da parte delle strutture sanitarie, a offrire sempre al paziente medesimo concrete possibilità di accedere a cure palliative”. Il testo all’esame della Camera, invece, riduce ad uno sbrigativo adempimento burocratico quello che nella indicazione dei giudici della Suprema corte doveva costituire un vero e proprio di un percorso di palliazione e terapia del dolore, prima che venga consentito un percorso alternativo. La Corte ha ben precisato, in merito alle responsabilità dei medici a fronte della richiesta di aiuto da parte del malato, che, contrariamente a quanto si vuole introdurre con il disegno di legge all’attenzione adesso del Parlamento, non si deve configurare “alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici. Resta affidato, pertanto, alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato”. È auspicabile che ciascun parlamentare maturi, in piena libertà, un proprio personale convincimento e, senza delegare la propria posizione a ragioni di schieramento, si attenga liberamente a tale giudizio. In particolare, sarebbe importante che i cattolici parlamentari si sottraggano a logiche di schieramento e non temano, per una volta, di mostrare una fattiva convergenza fondata sul primato della coscienza e su una visione della sacralità della vita che sappiano prevalere su ogni altra contingente valutazione