Il salario minimo: il coraggio di osare
Il contributo di Renato Zaltieri, già Segretario Generale Cisl Brescia, al dibattito sul tema del salario minimo
Chiedo cortese ospitalità in merito al dibattito che si è aperto sul “Salario Minimo” in riferimento anche all'articolo del Segretario Cisl di Brescia Paolo Reboni sul numero 28 di questo settimanale.
Ho sempre sostenuto, e continuo a sostenere, il primato della contrattazione rispetto all'intervento della legge, secondo la cultura sindacale tipica e distintiva della CISL che mi ha accompagnato nei lunghi anni che in essa ho passato prima come iscritto e poi come dirigente nei diversi livelli organizzativi.
Forte di questa convinzione mi sono chiesto e mi chiedo se questa idea di sindacato, e conseguentemente di azione e di strategia, sia ancora attuale e valido quale strumento di tutela dei lavoratori e le lavoratrici, dei pensionati e pensionate.
Un mio ex collega della Cisl, in questi giorni, in una nota sull’argomento mi ha ricordato che una delle prime proposte, che risale a diversi anni fa, di introduzione di un “salario minimo per legge” venne avanzata dalla Cisl con un articolo sulla rivista del suo Ufficio Studi “Politica sindacale”, e indicava la possibilità che l’applicazione dell’articolo 36 della Costituzione affidasse alla legge ordinaria la determinazione della retribuzione “sufficiente”. mentre alla contrattazione collettiva articolata (cioè il contratto nazionale e i contratti aziendali o territoriali) spettava il compito di fissare la retribuzione “proporzionata” al lavoro svolto.
Al riguardo della necessità di introdurre un salario minimo nel nostro Paese basterebbe leggere l'intervista che Francesco Riccardi ha fatto a Andrea Garnero (OCSE), pubblicata sull'Avvenire dello scorso 12 luglio, nella quale Garnero spiega: «La contrattazione evidentemente non è sufficiente a tutelare i salari reali. E in Italia rischiamo diventi un sistema generatore di ulteriori diseguaglianze. Per questo sarebbe auspicabile sperimentare l’introduzione del salario minimo legale, seppur limitata ad alcuni settori con lavoratori più deboli».
Se poi leggessimo il Rapporto dell'OCSE 2023 scopriremmo che nei Paesi Ocse i salari minimi hanno tenuto il passo, anzi sono cresciuti più dei prezzi: il 30% circa rispetto al 24-25% dell’inflazione da dicembre 2019 a fine 2022.
Sono altresì convinto che con l'introduzione di un salario minimo per legge non si risolvono tutti i problemi del lavoro.
L’Associazione “Prendere Parola” (Presidente Savino Pezzotta), di cui faccio parte, nel merito ha proposto sia di trasformare la precarietà connessa ai lavori a tempo determinato, causa primaria di un reddito annuale povero, in continuità garantendo nel contempo la necessaria flessibilità alle imprese ma sempre con lavoratori coperti da un CCNL e con contratto a tempo indeterminato, sia di bloccare la cascata dei sub-appalti, causa non secondaria del lavoro povero.
Le trasformazioni economiche in atto da molto tempo hanno determinato la proliferazione di modalità di lavoro non coperte dalle garanzie proprie dei Contratti
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Nazionali di Lavoro quali sono, ad esempio, gli addetti alle pulizie degli uffici, coloro che si prendono cura di giovani e anziani, gli addetti a rimpiazzare le merci sugli scaffali nei centri commerciali, chi consegna la pizza a casa, ecc., ecc., ecc.
Questi sono lavoratori non garantiti da alcun che, che molte volte subiscono ricatti salariali e negazione di diritti, sono lavoratori che hanno bisogno di essere tutelati e se per questo serve una legge ben venga. Diversamente come si è già visto per i raider bisogna attendere la giurisprudenza e le sentenze dei Tribunali.
Molte volte i bassi salari sono giustificati con la motivazione che si tratta di lavori con bassa professionalità, ma questo non sempre è vero: ci si dimentica che molti di questi sono lavori faticosi e pure essenziali, come anche la vicenda del COVID ci ha dimostrato. Ma pure nella filiera alimentare, e non solo nel duro lavoro dei campi, esistono lavori senza copertura contrattuale, sottoposti a forme di sfruttamento e di bassi salari, una situazione che coinvolge certo una minoranza del mondo del lavoro ma si tratta pur sempre di milioni di persone, in particolare donne e giovani, immigrati condannati a vivere la condizione di povertà.
Non per deviare dal tema ma vogliamo analizzare quanti sono i lavoratori ai quali oggi il sindacato riesce a tutelare con la contrattazione collettiva? I massimi dirigenti sindacali della organizzazione alla quale sono iscritto (la Cisl) non vedono e non si rendono conto di quanti sindacati di comodo sono nati in questi anni e quanti contratti di lavoro pirata sono stati stipulati e a quali condizioni salariali per le lavoratrici e i lavoratori?
Certo discutere di questi temi richiede tempo e disponibilità, ma non sono temi estranei al grande tema del lavoro povero,
Arroccarsi al totem del passato, di fronte al lavoro che è profondamente cambiato, vuol dire essere lontani dalla realtà delle cose.
Serve il coraggio di osare e di gettare il cuore oltre l'ostacolo nel solco della grande tradizione che è stata della Cisl nel passato e che oggi non intravedo più.