L'accoglienza e i Consigli pastorali
Mi permetto di disturbarla per condividere con lei e con i lettori di “Voce” una questione su cui sto riflettendo da qualche giorno, da quando il Vescovo ha invitato le parrocchie ad aprirsi all’accoglienza dei profughi in fuga dall’Ucraina, a mettere a disposizione spazi e ambienti per persone costrette dalla guerra a lasciare casa e affetti. Un invito che personalmente ho molto apprezzato, convinto che avrebbe aperto la via non solo all’accoglienza, ma anche a un confronto all’interno delle comunità su come si intende vivere nel concreto quella carità, quell’amore che sentiamo annunciare nella nostre chiese. Mi aspettavo che la questione, almeno in comunità come quella in vivo in cui non mancano spazi e strutture oggi inutilizzate con cui poter rispondere all’invito del Vescovo, potesse essere messa a tema dei consigli pastorali freschi di rinnovo, chiamandoli a cimentarsi con quella sinodalità di grande attualità. Invece mi sembra si tratti di un’aspettativa a oggi disattesa. Eppure condividere con le comunità che con generosità si sono impegnate per la costruzione di strutture affidate alle responsabilità dei sacerdoti che “pro tempore” guidano le parrocchie, le ragioni di un sì o di un eventuale no all’appello di mons. Tremolada può essere l’occasione per un grande passo in avanti nella qualità dell’azione e del senso degli organismi di corresponsabilità e per superare l’idea che, alla fine, siano luoghi in cui dibatte solo di programmi messi a punto per i tempi forti dell’anno liturgico o delle feste patronali.