La banalizzazione dell'aborto
Il 7 febbraio è apparsa sul “napoli.corriere.it”, e poi ripresa da altre testate, l’intervista all’onorevole Gilda Sportiello sul suo libro dal titolo “Potevi pensarci prima. E altri giudizi non richiesti sui nostri corpi” in cui racconta la sua esperienza di aborto che non esita a definire come “il giorno più bello perché avevo il controllo della mia vita” e in cui rivendica il diritto di scelta di aborto in quanto “scelta”, senza che debba essere motivata da qualcosa.
Con il suo racconto, l’Onorevole, ha piantato la bandiera della banalizzazione dell’aborto che non è null’altro che una scelta, come si può scegliere tra un gelato alla fragola o al cioccolato, tra indossare una gonna o un pantalone; il grande assente, l’Innominato del racconto, è il soggetto della scelta, il bambino, per il quale, sua madre, ha deciso tra la sua nascita e la sua eliminazione.
Se quanto espresso nell’intervista dall’Onorevole corrisponde al contenuto del libro, scritto come dichiarata manifestazione di orgoglio abortista, ci troviamo di fronte al classico repertorio di slogan del vetero femminismo e relativo cortocircuito della ragione, è difficile, infatti, capire come la stessa persona che accusa convintamente di violenza chi cerca di salvare i bambini dall’aborto non si renda conto che l’aborto che lei ha scelto di compiere è un atto di violenza che porta a morte fisica sicura.
L’Onorevole racconta anche di aver perso, successivamente all’aborto per scelta, un bambino per aborto spontaneo e in quel caso di aver sofferto, ovvero, vuole farci credere che l’emotività delle persone dipenda dalla scelta individuale che agisce come un interruttore: se la gravidanza è indesiderata la scelta volontaria di abortire porterebbe alla felicità, se la gravidanza è scelta l’aborto spontaneo procura sofferenza; in realtà, temo che nel cuore dell’Onorevole sia in atto una tragedia per i due bambini che non sono nati, perché, come dice lei stessa, l’aborto spontaneo ha riportato in mente quello scelto “in maniera prepotente”.
Nell’intervista è contenuta anche la solita denuncia strumentale dei medici obiettori come ostacolo al libero aborto, nessuno si interroga mai sulle motivazioni che portano all’abiezione di coscienza, neppure la Sportiello, altrimenti dovrebbero affrontare la dura realtà di come si realizza concretamente “la scelta” della “libertà delle donne” “sui nostri corpi”, della macelleria a cui sono costretti i medici, non tutti reggono, per questo è promosso l’aborto chimico, che avviene tramite l’assunzione da parte delle donne di una serie di pillole, grazie al quale si evita il coinvolgimento diretto dei medici con l’intervento chirurgico, in quanto il bambino viene espulso intero dal corpo della madre tramite l’azione chimica.
Dagli articoli che si trovano in rete, sembrerebbe che, pensionata Emma Bonino, l’onorevole Sportiello sia stata scelta come testimonial della campagna pro legge 194 e investita del compito di rilanciare la battaglia a favore dell’aborto, così si spiegherebbe il suo libro su questo tema e il suo intervento in parlamento il 18 aprile 2024, dove con violenza attacca tutti coloro che vorrebbero aiutare le donne nella situazione di una gravidanza indesiderata. La violenza che esprime in quella occasione è il sintomo della tragedia che la Sportiello sta vivendo, perché l’aborto non è vergogna come recita il sottotitolo del libro, è tragedia.