La civiltà dello scarto
Un fratello ultraottantenne, la cui unica figlia si è eclissata, mi ha chiesto di aiutarlo nel disbrigo di alcune pratiche: l’ho affiancato e assistito per tre anni e per agire a suo nome ho presentato istanza al Tribunale per essere nominato suo Amministratore di Sostegno La figlia non si è presentata in tribunale ma, tramite il legale, si è opposta e il Giudice tutelare ha nominato A.d.S. una terza persona. Per il bene del fratello ho collaborato con l’amministratrice designata e quando mi sono accorto che voleva collocare il fratello in una RSA (residenza per anziani), anziché supportarlo e affiancargli un aiuto domestico, era tardi: approfittando di un malessere passeggero, lo aveva fatto ricoverare in ospedale e dimesso lo aveva accreditato presso una RSA distante 80 chilometri predisponendo lo sgombero del suo alloggio. Alla richiesta di chiarimenti, l’A.d.S, motivava che nelle RSA di Brescia non c'era posto e che i medici (quali non è dato sapere) avevano ritenuto che doveva essere ospitato in un centro protetto Alzheimer; ho chiesto più volte di mostrarmi il certificato medico che lo attestava, ma inutilmente. Mi sono rivolto alla direttrice sanitaria della RSA, dove il fratello era ospite, per informarmi circa le sue reali condizioni e dopo aver consultato la cartella clinica mi rispondeva, in presenza di testimoni, che il fratello(data l’età) era sì affetto da modesto decadimento cognitivo, ma non da Alzheimer. Nonostante le prove testimoniali addotte , da oltre un anno mi affanno per ottenere che il fratello sia sottoposto a una visita geriatrica per accertare le sue condizioni, ma ogni mia richiesta è respinta e non solo, l’A.d.S, con pretesti infondati, imponeva alla RSA di non permettermi di uscire con il fratello dalla struttura, come consentito ai familiari in visita ( alle RSA non conviene contrariare chi alimenta il flusso di ospiti solventi). Ho presentato denuncia ai Carabinieri, la Procura si è pronunciata per l’archiviazione; ho fatto ricorso al Giudice tutelare, ma i tempi della giustizia sono imprevedibili. Mio fratello è una persona mite, capace di intendere e di volere, ha i mezzi per essere seguito e assistito a domicilio, ha diritto a trascorrere a casa sua gli anni che Iddio vorrà concedergli. Nessuno ha titolo per decidere quando una persona ha esaurito il suo ciclo vitale e stabilire di internarla, contro la sua volontà, in luoghi senza futuro e senza speranza. Chi si assume l’incarico di sostenere persone con ridotta autonomia, dovrebbe favorire la loro interazione con l’ambiente dove vivono, non confinarle negli spazi dell’oblio.
Quanto avvenuto a mio fratello potrebbe accadere ad altri; chi ha a cuore i propri cari, se possibile, li accudisca e assista di persona; figure istituzionali o RSA, per quanto attente, non possono sostituire la vicinanza e l’affetto dei familiari: forse, i vostri figli un giorno seguiranno il vostro esempio!
Lascio il mio recapito (3518862075) qualora qualcuno volesse aiutarmi a rendere manifesto questo assurdo giuridico.