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di LUCA POLI 11 set 2021 09:03

A proposito di eutanasia

“Eutana-sì, eutana-no”. E dopo la potente campagna per la conversione in legge del Ddl Zan, miseramente naufragata nonostante il sostegno praticamente a senso unico delle corazzate dell’informazione (RAI in prima linea!) e la promozione via social da parte del marito della Ferragni e compagnia cantanti/influencer o sedicenti tali, ecco apparire sulla scena mediatica, stessa potenza di fuoco, “stessa spiaggia, stesso mare” di propaganda subdolamente ingannevole, la raccolta di firme organizzata dai promotori dell’iniziativa referendaria di Marco Cappato “per l’eutanasia legale”.Niente di nuovo sotto il sole: ci sono i “buoni” - quelli belli, di successo, sensibili e molto inclusivi- che speculano sui casi estremi (strategia già “felicemente” sperimentata fin dai tempi dell’introduzione del divorzio e dell’aborto) facendo leva sui sensi di colpa e di inadeguatezza a valutare indotti soprattutto in chi non vive in prima persona queste problematiche ma, soprattutto, approfittando dell’ignoranza di chi non sa distinguere tra cure palliative, accanimento terapeutico ed eutanasia (i commenti favorevoli all’eutanasia che si incrociano sui social parlano chiaramente al riguardo); ci sono poi i “cattivi”, di solito i cattolici, che si permettono chi di girarsi dall’altra parte (i meno “cattivi”), chi di cercare quanto prima un compromesso al ribasso, chi di dissentire timidamente, chi di opporsi con forza e senza mezzi termini (i più “cattivi”).Infine, dulcis in fundo, sempre come da copione troviamo -e questi sono i più corteggiati e disponibili alla passerella mediatica- quei cattolici che “io non lo farò mai ma firmo per l’eutanasia perché non posso certo imporre il mio credo” fino ad arrivare a quelli che “io firmo, da credente” (el ga dit neènt…): i cattolici finalmente “buoni”, tra cui il sindaco di una vicina città lombarda e, fonte “Il Manifesto”, anche un famoso sacerdote sardo..

Prima però di scomodare la Fede - lo faremo poi - proviamo a scomodare un briciolo la ragione, sua inscindibile ancella, su alcuni semplici punti, anche se sicuramente non esaustivi dell’argomento:

1) essendo il referendum realisticamente irricevibile dal punto di vista tecnico, in un’ottica interpretativa un minimo disincantata la relativa raccolta di firme non può essere altro che un’iniziativa unicamente funzionale a creare una crescente pressione politica in favore di una futura legge pro eutanasia;

2) i proponenti referendari, usando come cavalli di Troia vicende di sofferenza estrema, contribuiscono (puntano?) ad aprire un pericolosissimo vulnus nell’ordinamento giuridico italiano, fondato sul principio dell’indisponibilità del bene della vita umana;

3) quando i proponenti referendari parlano della nostra Italia come fanalino di coda nel civilissimo processo di liberalizzazione dell’eutanasia in atto nel mondo “dimenticano” che, allo stato attuale, solo 6 nazioni su 207 consentono l’eutanasia: che in qualche modo questa pratica, seppur eseguita in ambienti perfettamente igienizzati e climatizzati da mani grondanti non più sangue bensì “carità”, ricordi la cosiddetta Aktion T4, ovvero l’eliminazione degli improduttivi di hitleriana memoria? Sì, gli improduttivi: i malati, gli anziani, i sofferenti, i depressi (sì, i depressi, anche minorenni: le poche nazioni che già permettono l’eutanasia insegnano, dati alla mano, che poi va a finire così e che, più in generale, gli accessi all’eutanasia crescono esponenzialmente di anno in anno diventando costume sociale sempre più condiviso).Insomma, quelli che per lo Stato sono e sempre di più saranno un costo, quegli stessi “improduttivi” che sempre più saranno indotti a pensare di essere un peso per la società nella quale pretendessero di sopravvivere: che la questione eutanasia sia dunque, e/o soprattutto, l’ennesima questione di soldi e potere? Ma va?Ed io che credevo che “staccare la spina” fosse un “estremo atto d’amore”, come insegna la neolingua politically correct… Che ingenuo: troppa Barbara D’Urso? Troppo Fabio Fazio?

Ma veniamo dunque ai nostri “io firmo da credente” furbescamente sbattuti in prima pagina: credente in che cosa?Nel Dio che per amore ci ha donato la vita o piuttosto nel nostro essere il dio di noi stessi, ed in fin dei conti degli altri, che, ignaro della vera Vita, pensa di risolvere il contestuale “problema” della morte procurandola? O forse nel Cristo che, Croce massimamente amorevole piantata in mezzo alle nostre grandi e piccole croci, ci promette un posto al suo fianco già ora, su questa terra, irradiando di senso, gioia, consolazione ed inestinguibile speranza il nostro umanissimo e accidentatissimo cammino, fino all’ultimo respiro?Suvvia, caro il mio cattolico che firmi “da credente”, firma pure come ti pare ma almeno raccontacela giusta: per chi lavori, veramente?

P.S. caro il mio cattolico “fai da te”, ancora una cosa: lo conosci il Catechismo della Chiesa Cattolica? No? Sappi che, seppure utilizzi un linguaggio oggi desueto, non è stato ancora abrogato e che noi, i cattolici che talvolta lo sfogliano, ancora cerchiamo, come possiamo, di capirne le motivazioni profonde, non di cambiarlo. L'eutanasia2276 Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un'esistenza per quanto possibile normale.2277 Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.Così un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L'errore di giudizio, nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest'atto omicida, sempre da condannare e da escludere.2278 L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.2279 Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.

LUCA POLI 11 set 2021 09:03