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di LUCA POLI 13 gen 2024 14:43

De Andrè prendeva Cristo sul serio

Come non ricordare Fabrizio De André nel venticinquesimo anniversario della sua morte, colui che mi ha fedelmente accompagnato dall'adolescenza all'età adulta: un personaggio sempre in bilico tra la fede nel Cristo vero uomo e vero Dio e nel Cristo vero uomo e basta, tra il "Laudate Dominum" ed il "Laudate hominum".

Io che ascoltavo "La Buona Novella" saltando giusto quest'ultimo pezzo un po' sperando, come nelle barzellette, che il finale del disco potesse prima o poi cambiare. Avrà fatto bene alla mia generazione, avrà fatto male? Non saprei, anche se propendo per la prima, ma non sta certo a me deciderlo; so solamente che, seppur a modo suo, prendeva il Cristo decisamente sul serio, fuori dal coro lo cantava, e a me questo dava forza.

E non è poco, specie se si pensa all’aria che tirava attorno al sessantotto ed a come, De André, nella sua adolescenza, abbia avuto qualche approccio non propriamente casto da parte di qualcuno che casto avrebbe dovuto esserlo per scelta, fatto che forse spiega almeno in parte tante cose".

Nella pietà che non cede al rancore, Madre ho imparato l'amore": ecco, io voglio ricordarlo per questi versi, per queste note, e chissà che, come il suo indimenticabile Irish, abbia alla fine trovato anche lui quella "bicicletta" che, "anche se vecchia non importa, anche se vecchia mandala a me", lo avrebbe portato "mio Signore, fino a Te".

LUCA POLI 13 gen 2024 14:43