Prevenzione
Ce lo insegnano fin dal primo incontro. E sembra dolcissimo, questo imperativo, abbinato al gesto del forte che protegge il debole e l'alzabandiera. Poi arriva un temporale, violento, anomalo e tutto cambia in un batter di ciglia. “Adesso la “cultura della prevenzione” è turbata. Che devo dire?” “Se il chicco di grano caduto in terra non si trasforma in cultura della prevenzione, rimane sola la scout Chiara; se invece muore, produce molto frutto”. Ci sono altre due occasioni in cui si fa riferimento alla mancanza di formazione della cultura prevenzione ed entrambe indicano la sua non formazione-informazione, non soltanto la sua ma, di tutti i presenti, rendere informati nel fargli capire che la natura non è un oggetto al nostro servizio, ma un sistema complesso e vivente che continuamente si trasforma, i cui equilibri dipendono anche da noi e dal nostro comportamento.
La cultura della prevenzione ci guidano a un nuovo rapporto, consapevole e responsabile, nei confronti della natura-territorio stesso e degli altri esseri umani. Non è giusto, non è giusto, questo fato infame, che si porta via la nostra migliore gioventù! Dunque, l’invito è a non lasciarsi rinchiudere dal turbamento, ma ad attraversarlo con i campi scout, i campi alpini e della protezione civile con tutto il volontariato per difenderci dal maltempo killer. Sono profondamente vicino al gruppo scout Como 3 dell'Agesci. Ed è quanto alimenta il loro impegno quotidiano. Anche quando si tratta di porre mano con decisione e tempestività alla grande questione della cultura della Sicurezza-Prevenzione. Ci sono tanti ricordi belli di quegli anni, ma un ricordo bello che voglio raccontare è durante un campo estivo ora non ricordo la località precisa, ma ovviamente eravamo in montagna, dovevamo preparare la nostra zona del campo. Il mio capo squadriglia e il mio vice volevano montare la tenda al suolo (mi ricordo che forse era il mio primo campo estivo in reparto l’esperienza da Lupetto), per me era inaccettabile volevo fare a tutti i costi una sopra-elevata anche se era più faticoso e stancante rispetto a montare la tenda a terra. Padre Antonio Izmindy, della Compagnia della Pace, Oratorio, Padri Filippini, mi prese per un orecchio e davanti al gruppo mi fece una lezione come si deve allestire una tenda e l’intero campo lontano il più possibile dai pericoli. Ma soprattutto mi fece capire, che era troppo pericoloso collocarsi in sopra-elevata nel bosco, per il pericolo dei temporali, fulmini e venti… Ancora oggi l’orecchio mi duole… La morte di chi ci è caro, come Chiara, è anche un po’ la nostra morte, perché con lei se ne va un pezzo della nostra vita. Sentite condoglianze alla famiglia.