Un Codice di Camaldoli per la politica
La riflessione di Luca Masneri, sindaco di Edolo e Presidente Circolo Don Luigi Sturzo, e di Paolo Fontana, Capogruppo di Forza Italia Comune e Provincia di Brescia
Ottant’anni fa, nel luglio 1943 ( dal 18 al 24 luglio 1943) alcuni intellettuali cattolici si riuniscono, presso il monastero benedettino di Camaldoli, con l’intento di confrontarsi e riflettere sul Magistero sociale della Chiesa. I partecipanti, sia laici e sia religiosi, ritengono necessario cristallizzare i principi fondamentali del pensiero sociale cattolico, in considerazione del delicato momento che il Paese sta attraversando. A guerra non ancora terminata, questo gruppo di Cattolici italiani stilano un programma per la rinascita dell’Italia dalle macerie della guerra e della dittatura. Nacque così il famoso “Codice di Camaldoli”, un formidabile documento fondativo della Costituzione e della nostra Repubblica, democratica fondata sul lavoro, che rappresentò anche le linee guida della politica economica e sociale della nascente Democrazia Cristian. Particolarmente interessante e profondamente attuale è l’art.3 del Codice allorché enuncia “che origine e scopo della società è unicamente la conservazione, lo sviluppo e il perfezionamento dell’uomo” ed aggiunge più innanzi “che rispettare negli altri la eguale dignità dell’uomo significa obbedire alla parola dell’Apostolo ‘fiat aequalitas’, sentire che tutti gli altri uomini qualunque sia la loro condizione sono eguali, aventi la stessa natura, capaci delle stesse virtù, chiamati allo stesso destino, destinati alla stessa salvezza”. Il Codice di Camaldoli è un condensato di settantasette enunciati che partono dal superamento del corporativismo tra i cattolici, per far emergere una concezione dell’economia sociale di mercato: né liberista, né collettivista.
La formula ha un significato preciso: le imprese private operano sui mercati in libera concorrenza, ma le imprese pubbliche devono operare per risolvere gli squilibri del mercato. Monopolio, Oligopolio, posizione dominante nel mercato, manipolazione dei prezzi, accesso privilegiato e irregolare al credito e, spesso, accesso privilegiato allo Stato. Ecco i danni dell’attuale globalizzazione che, se non corretta dalla economia sociale di mercato, sta progressivamente distruggendo la coesione sociale e l’economia occidentale. Per fare bene il liberalismo occorre una quota di imprese pubbliche, che rimettano in sesto i criteri della sana e libera concorrenza. Il Codice, riletto a quasi ottant’anni di distanza, può essere un utile sussidio alla riflessione sulla presenza politica e sociale dei cattolici in una fase complessa che presenta alcuni tratti di somiglianza con il periodo bellico in cui quel testo venne redatto.
Sarebbe utile e necessario che il mondo cattolico, ricreasse un “Codice di Camaldoli” per i tempi nuovi, mettendo nel conto il mercato globale, la crisi della Democrazia, l’esplosione delle diseguaglianze, il soffocamento del libero mercato dovuto all’evidente presenza di monopoli privati nei settori strategici delle materie prime e della tecnologia. E tutto questo lo si può fare solo con la giusta ispirazione, quella della dottrina sociale cattolica.
Risulta quindi rilevante il contributo dei camaldolesi, che hanno saputo leggere il loro presente, partendo dal loro passato per arrivare al nostro futuro; in tal senso il loro insegnamento è il fondamento di concetti moderni, come la sussidiarietà, che ricomprende il bene comune e l’economia, divenendo attuale e indispensabile in quest’epoca