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Castel Gandolfo
14 lug 2025 07:19

C'è bisogno di una rivoluzione dell’amore

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La prima Messa di Leone XIV a Castel Gandolfo

“Oggi c’è bisogno di questa rivoluzione dell’amore”. È l’appello lanciato da Papa Leone XIV durante l’omelia pronunciata ieri nella parrocchia pontificia di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo. Commentando la parabola del buon samaritano, il Pontefice ha indicato nella strada che scende da Gerusalemme a Gerico un’immagine attuale dell’umanità ferita: “È la strada percorsa da tutti coloro che sprofondano nel male, nella sofferenza e nella povertà; è la strada di tante persone appesantite dalle difficoltà o ferite dalle circostanze della vita; è la strada di tutti coloro che ‘scendono in basso’ fino a perdersi e toccare il fondo; ed è la strada di tanti popoli spogliati, derubati e saccheggiati, vittime di sistemi politici oppressivi, di un’economia che li costringe alla povertà, della guerra che uccide i loro sogni e le loro vite”. Poi ha domandato con forza: “E che cosa facciamo noi? Vediamo e passiamo oltre, oppure ci lasciamo trafiggere il cuore come il samaritano?”.

Al centro della riflessione del Papa, lo sguardo: “La compassione, infatti, è al centro della parabola. E se è vero che nel racconto evangelico essa viene descritta dalle azioni del samaritano, la prima cosa che il brano sottolinea è lo sguardo. Infatti, davanti a un uomo ferito che si trova sul ciglio della strada dopo essere incappato nei briganti, del sacerdote e del levita si dice: ‘lo vide e passò oltre’ (v. 32); del samaritano, invece, il Vangelo dice: ‘lo vide e ne ebbe compassione’ (v. 33)”. Questo sguardo, ha spiegato, è ciò che fa la differenza: “C’è un vedere esteriore, distratto e frettoloso, un guardare facendo finta di non vedere […] e c’è un vedere, invece, con gli occhi del cuore”. Per il Pontefice, il samaritano è immagine di Cristo: “Dio, però, ci ha guardati con compassione, ha voluto fare Lui stesso la nostra strada, è disceso in mezzo a noi e, in Gesù, buon samaritano, è venuto a guarire le nostre ferite, versando su di noi l’olio del suo amore e della sua misericordia”. Così anche noi, “guariti e amati da Cristo, diventiamo anche noi segni del suo amore e della sua compassione nel mondo”.

Nella parte conclusiva dell’omelia, Leone XIV ha indicato la via dell’autenticità evangelica: “A volte ci accontentiamo soltanto di fare il nostro dovere o consideriamo nostro prossimo solo chi è della nostra cerchia, chi la pensa come noi, chi ha la stessa nazionalità o religione; ma Gesù capovolge la prospettiva presentandoci un samaritano, uno straniero ed eretico che si fa prossimo di quell’uomo ferito. E ci chiede di fare lo stesso”. Ha quindi richiamato le parole di Benedetto XVI: “Il samaritano, il forestiero, si fa egli stesso prossimo e mi mostra che io, a partire dal mio intimo, devo imparare l’essere-prossimo e che porto già dentro di me la risposta”. Il Pontefice ha poi concluso: “Vedere senza passare oltre, fermare le nostre corse indaffarate, lasciare che la vita dell’altro, chiunque egli sia, con i suoi bisogni e le sofferenze, mi spezzino il cuore. Questo ci rende prossimi gli uni degli altri, genera una vera fraternità, fa cadere muri e steccati. E finalmente l’amore si fa spazio, diventando più forte del male e della morte”.

Nel messaggio dell’Angelus, il Papa ha ricordato che “la vita eterna, che Dio solo può dare, viene trasmessa in eredità all’uomo come dal padre al figlio”. E ha aggiunto: “Gesù è la rivelazione del vero amore verso Dio e verso l’uomo: amore che si dona e non possiede, amore che perdona e non pretende, amore che soccorre e non abbandona mai”. Il Papa ha esortato i fedeli a seguire l’esempio di Cristo: “Per vivere in eterno, dunque, non occorre ingannare la morte, ma servire la vita, cioè prendersi cura dell’esistenza degli altri nel tempo che condividiamo”.

14 lug 2025 07:19

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