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Lampedusa
di AMEDEO LOMONACO (RADIO VATICANA) 25 ago 2015 00:00

Immigrazione: non solo sbarchi. L'emergenza Serbia

Continuano in Sicilia gli arrivi. Nel Paese balcanico una situazione che ancora pochi considerano con la dovuta attenzione

Emergenza immigrazione. Nelle ultime ore sono sbarcate in Sicilia almeno 548 persone, tra cui 65 minori. Almeno 45 quelli non accompagnati che hanno affrontato il viaggio da soli. Provengono in gran parte da Eritrea, Burkina Faso e Nigeria.

Sempre più massiccio, intanto, il flusso di migranti in Serbia, dove nelle ultime due settimane, sono arrivati oltre 23 mila profughi, quasi 90 mila dall’inizio dell’anno. Provengono da vari Paesi, tra cui Siria, Iraq e Afghanistan. Nella maggior parte dei casi, dopo aver superato il confine con l’Ungheria, si recano in altri Stati dell’Unione Europea, soprattutto in Germania, in Svezia e in Francia. Amnesty International denuncia inoltre che in Grecia i richiedenti asilo sono accolti nel caos e nello squallore a causa della penuria di strutture e di personale. Dall’inizio dell’anno sono arrivate nel Paese oltre 160 mila persone in gran parte provenienti da zone di guerra. Intanto, nel vertice straordinario tenutesi ieri a Berlino, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande hanno sollecitato una risposta comune dell'Ue chiedendo in particolare ad Italia e Grecia di attivare, al più presto, centri di registrazione per i migranti richiedenti asilo. A margine di un convegno al Meeting di Rimini, il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ha dichiarato infine che la Convenzione di Dublino sulla gestione dei flussi di immigrati è ormai superata. Per definire nuove regole – ha aggiunto – serve una condivisione a livello europeo.
Dunque in Serbia sono arrivati oltre 23 mila nelle ultime due settimane.

Ma a cosa si deve questa impennata sulla rotta dei Balcani? Risponde Francesco Martino, corrispondente da Sofia dell’Osservatorio sui Balcani e il Caucaso: "Premetto che da parte delle autorità macedoni non c’è stata molta chiarezza sulle dinamiche che hanno portato alla decisione prima di chiudere il confine e poi di riaprirlo. Diciamo che in generale l’afflusso di richiedenti asilo e rifugiati in Macedonia in realtà va molto più indietro nel tempo. In queste settimane, però, c’è stato un aumento considerevole dei numeri. La reazione probabilmente delle autorità macedoni è stata quella di provare a chiudere il confine, per provare a spostare il problema da qualche altra parte. Ricordiamo che nei Balcani questa strategia è stata presa già da vari Paesi tra cui la Bulgaria, la Grecia e più recentemente, a nord, l’Ungheria, che hanno deciso ad esempio di costruire delle vere e proprie barriere fisiche, tentando di spostare il flusso che difficilmente può essere fermato. In qualche modo, c’è una dinamica ambivalente, in qualche modo le due strategie si alternano: prima tentando di fermare, poi quando la cosa si rivela difficile o impossibile, provando a spostare il problema più in là, in una sorta di “scaricabarile”. Anche perché ricordiamo che l’obiettivo finale della stragrande maggioranza dei richiedenti asilo è di raggiungere il cuore dell’Unione Europea, soprattutto Paesi come Germania, Svezia e Austria."

Il governo macedone e quello serbo hanno detto di aspettarsi nuovi aiuti da parte dell’Ue e a Belgrado sono stati istituiti punti di assistenza. Ma è veramente un’emergenza senza precedenti nei Balcani questo flusso di migranti?

Nei Balcani, il fenomeno di questo tipo di migrazione ormai ha qualche anno. Ricordiamo appunto che nel 2013 la Bulgaria si è trovata di fronte a una situazione simile. Io direi, allargando un attimo lo sguardo, che la situazione senza precedenti è l’emergenza rifugiati in Siria. Gli ultimi numeri parlano di più di quattro milioni di persone che hanno dovuto lasciare le proprie case. Quindi, direi che quello che succede oggi nei Balcani sia il riflesso di una tragedia immane, che si svolge a poca distanza dall’Europa e che quindi si riverbera inevitabilmente sul nostro continente. Ultimamente, la rotta balcanica viene utilizzata in modo massiccio, questo perché è sempre più massiccio il numero di persone che è costretto a tentare la fuga per salvare la propria vita. Inserirei questa situazione, sicuramente senza precedenti nei Balcani, in una situazione probabilmente senza precedenti nella storia recente per quanto riguarda una crisi di rifugiati, almeno così vicino all’Europa.

Come è composto questo flusso e perché c’è stata questa impennata?

Fondamentalmente, numeri alla mano l’impennata è dovuta al numero enorme di siriani che fuggono dal proprio Paese. All’immigrazione siriana forzata, si aggiunge quella che proviene dai Paesi che sono, per così dire, tradizionalmente esportatori di rifugiati e richiedenti asilo. Parliamo soprattutto dell’Afghanistan e dell’Iraq. Ultimamente, la via balcanica è stata e viene utilizzata in modo crescente anche da persone che fuggono da conflitti, ad esempio, in Africa, e che appunto cercano un’alternativa a quella che è la strada – chiamiamola tradizionale – che è l’attraversamento del Mediterraneo via nave. Quindi, c’è anche questa componente che va ad aggiungersi al flusso.
AMEDEO LOMONACO (RADIO VATICANA) 25 ago 2015 00:00