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Roma
di MARCO DOLDI 25 feb 2016 00:00

Sbattezzo? Parola imprecisa

La parola “sbattezzo” è davvero imprecisa. Si deve invece parlare della legittima, ma sempre dolorosa, decisione di abbandonare formalmente la Chiesa cattolica. L'editoriale del numero 8 di "Voce" è a firma di Marco Doldi

Da alcuni decenni opera nel nostro Paese un movimento per favorire lo sbattezzo. La parola, ormai, entrata nel lessico comune, è certamente evocativa, ma quanto mai inesatta. Infatti, per la Chiesa il sacramento del battesimo conferisce una condizione personale indelebile.

L’annotazione del battesimo fatta negli appositi registri documenta, poi, un fatto storico e come tale non può essere cancellato. Lo stesso Garante per la protezione dei dati personali ha riaffermato il diritto della Chiesa cattolica, ordinamento giuridico indipendente e autonomo nel proprio ordine, alla tenuta dei registri dei battezzati. Quindi non si può annullare un sacramento e neanche cancellare quanto avvenuto nel passato. In questo senso la parola “sbattezzo” è davvero imprecisa. Si deve invece parlare della legittima, ma sempre dolorosa, decisione di abbandonare formalmente la Chiesa cattolica. Si può scegliere di non appartenere più al Corpo visibile e alla sua vita sacramentale ed ecclesiale. Questo viene trascritto sul registro dei battesimi. Quali sono i motivi che possono spingere a una tale scelta? Tanti e, forse, riconducibili a uno: la coerenza di chi ritiene che, non sentendosi cattolico, non vi sarebbe più alcuna ragione per far parte della Chiesa cattolica.

Ora, se taluni mass-media danno rilievo alla possibilità di abbandonare la Chiesa cattolica, tralasciano un dato che va in controtendenza ed è numericamente ben maggiore: la decisione di quegli adulti di entrare nella Chiesa, chiedendo il battesimo, o di confermare la propria adesione, domandando il sacramento della cresima. Questi percorsi andrebbero evidenziati e studiati. Chi oggi chiede il battesimo, molte volte, proviene da una famiglia non praticante. A suo tempo i genitori decisero di non battezzare i figli per rispettarne la libertà o perché non si ritenevano cattolici. Ma i figli hanno fatto una scelta diversa, controcorrente. Che cosa li ha spinti? Certo le vie di Dio sono sempre imprevedibili e nessuno può documentare esattamente che cosa avvenga nel cuore di ogni uomo. André Frossard (1915-1995) ha narrato la sua conversione in un libro divenuto famoso: “Dio esiste, io l’ho incontrato” (1969). Egli racconta come un giorno del luglio 1935 si trovasse a Parigi ed entrato per caso in una chiesa avvenne l’imprevedibile davanti al santissimo Sacramento. Vi entrò ateo e indifferente e vi uscì cattolico, apostolico e romano! Questi fatti sono sempre avvenuti, sono straordinari, ma reali e documentabili. Chi entra oggi nella Chiesa lo fa perché ha trovato una casa e un ambiente fraterno. La fraternità e il servizio attraggono giovani e adulti con particolare forza perché nella nostra società si sperimenta l’indifferenza e l’esclusione. Nella Chiesa ci sono tanti buoni esempi, spesso nascosti ai più distratti, che, però, attirano perché vanno contro i miti dominanti. Esempi di essenzialità e di povertà che conducono le persone a liberarsi di tante cose, ritenute indispensabili dalla società consumistica. Insomma qualcuno ha fatto una proposta e all’amico si è aperto un orizzonte inaspettato. L’invito apostolico “vieni e vedi” (Gv 1,46) è ancora efficace e, talvolta, più convincente di tante argomentazioni, pur necessarie. Si potrebbe continuare: “Vieni e serviamo”. Il servizio fraterno fa cadere i muri del sospetto e realmente apre a Dio, che ha percorso questa via.
MARCO DOLDI 25 feb 2016 00:00