Siria: si spera nella riconciliazione
Il nunzio apostolico a Damasco racconta le ultime ore nella capitale siriana conquistata dai ribelli, esprimendo l’augurio di una ripresa del Paese, di una convivenza pacifica e soprattutto di un rispetto delle tradizioni religiose
La distruzione delle statue nel passato come nell’oggi, rappresenta per i Paesi l’emblema della caduta di un potere, che in Siria ha dominato dal 1971. L’abbattimento a Damasco del monumento dedicato ad Hafez al-Assad, padre del presidente Bashar, e morto nel 2000, segna la fine di una dinastia. Dopo 14 anni di guerra civile, la capitale è stata conquistata, i ribelli Hayat Tahrir al-Sham lo hanno annunciato alla televisione, dichiarando la caduta di Bashar al-Assad, che sarebbe riparato nella base aerea russa di Hmeimim, nel governatorato di Latakia, per poi volare a Mosca. Tutti i prigionieri sono stati rilasciati e i ribelli hanno invitato i cittadini e i combattenti a preservare i beni dello Stato.
La città viene raccontata come se avesse ripreso a respirare, ma i confini del Paese sono in agitazione, l’Iraq ha chiuso le sue frontiere sbarrando il valico di Al-Qaim, mentre l’esercito israeliano ha dispiegato truppe aggiuntive nelle Alture del Golan. L’Idf sarebbe entrato, per la prima volta in cinquant’anni, era il 1974, dopo la fine della guerra dello Yom Kippur, nella zona cuscinetto del Golan, con le sue truppe e i suoi mezzi piazzati sulla linea Alpha al confine tra Siria e Israele, “a protezione dei cittadini israeliani”, afferma l’esercito.
La speranza di molti è che ora il Paese possa in qualche modo aprirsi alla riconciliazione e senza spargimenti di sangue. È anche l’auspicio del card.Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, che, in una lunga intervista concessa a Francesca Sabatinelli di Vatican News, si augura che per i siriani possa arrivare anche un po’ di prosperità, così come il rispetto per i cristiani e le varie confessioni religiose, e che poi si appella alla comunità internazionale affinché vengano eliminate le sanzioni che hanno messo in ginocchio la popolazione.
Eminenza, ha dei timori per quello che potrebbe essere Il futuro della comunità cristiana?
Questi i ribelli hanno incontrato i vescovi ad Aleppo subito, nei primi giorni, assicurando che rispetteranno le varie confessioni religiose e rispetteranno i cristiani. Seriamo che mantengano questa promessa e che si vada verso una riconciliazione e che oltre alla riconciliazione la Siria possa trovare anche un po’ di prosperità, perché la gente ormai non ne poteva più.
Le persone stavano fuggendo, di fronte all’impossibilità di sopravvivere nel Paese…
L'unico desiderio dei giovani era in questi ultimi tempi, soprattutto questi ultimi due anni, quello di scappare perché non vedevano futuro nel loro Paese. Adesso speriamo che si apra la porta un po’ alla speranza perché quello che vedevamo era la speranza che stava morendo o era già morta. Quindi adesso speriamo che con l'aiuto della comunità internazionale, con la buona volontà di tutti i siriani si intraprenda un cammino di riconciliazione e di ricostruzione e di prosperità di un minimo di prosperità per tutta la gente.
La comunità internazionale segue con preoccupazione quello che sta accadendo. Quale dovrebbe essere il ruolo soprattutto delle grandi potenze in questo momento?
Io direi, sperando che quelli che hanno preso potere mantengano la promessa di rispettare e di creare una nuova Siria su basi democratiche, l’augurio è che anche la comunità internazionale risponda, magari abolendo le sanzioni, perché sono un peso che grava molto soprattutto sulla povera gente. Voglio sperare che poco a poco vengano eliminate le sanzioni.