Sudan, crisi umanitaria senza precedenti
Alcune realtà, tra cui Acli, Caritas Italiana, Emergency e la Rete italiana pace e disarmo, impegnate per la pace e il rispetto dei diritti umani lanciano un appello urgente di fronte al rapido deteriorarsi della situazione in Sudan, dove dall’aprile 2023 la guerra ha causato almeno 150.000 morti e 12 milioni di persone sfollate. Le Nazioni Unite hanno definito il conflitto “la peggiore crisi umanitaria del mondo”, in un contesto che continua a peggiorare di fronte a nuove ondate di violenza. Nonostante molteplici dichiarazioni di cessate il fuoco, i combattimenti si sono via via intensificati attraverso attacchi indiscriminati e diretti contro la popolazione civile, compresi bombardamenti su mercati, campi per sfollati, ospedali e abitazioni private. Le parti in conflitto hanno utilizzato armi esplosive ad ampio raggio in aree densamente popolate: molte persone sono state uccise nelle proprie abitazioni, oppure mentre cercavano cibo e beni di prima necessità.
Tra gli episodi più gravi delle ultime settimane, le organizzazioni ricordano l’attacco con droni del 4 dicembre contro un ospedale e un asilo a Kalogi, in cui sono morte 114 persone, tra cui 63 bambini. Secondo quanto riferito dall’Organizzazione mondiale della sanità, Unione africana e Nazioni Unite, in Sudan si registrano rapimenti, violenze sessuali, detenzioni arbitrarie e reclutamento di minori, in un quadro di escalation che rischia di sfociare in ulteriore violenza e devastazione.
Le associazioni ricordano inoltre che il 5 novembre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato alla Camera dei deputati lo stanziamento di oltre 125 milioni di euro per affrontare la crisi sudanese e l’invio “al più presto” di aiuti alimentari destinati a 2500 bambini attraverso la parrocchia del Sacro Cuore di padre Pious Anyaja a Port Sudan, i missionari comboniani e le suore di Madre Teresa, insieme a un secondo carico via nave per migliaia di persone sfollate. È essenziale che l’assistenza umanitaria arrivi con rapidità nelle zone controllate da entrambe le parti in conflitto, in particolare nelle regioni del Darfur e del Kordofan tra le più colpite dagli scontri.
Numerose indagini indipendenti, condotte dalle Nazioni Unite, media internazionali e organizzazioni non governative, documentano il sostegno degli Emirati Arabi Uniti alle Forze di supporto rapido (Fsr), responsabili di attacchi contro civili, infrastrutture mediche e convogli umanitari, nonché dell’uso della fame come arma di guerra. Nonostante questo, l’Italia continua ad autorizzare esportazioni militari verso gli Emirati Arabi Uniti, generando una contraddizione tra la volontà dichiarata di sostenere l’assistenza umanitaria e i processi diplomatici e la prosecuzione di rapporti militari con attori coinvolti nel conflitto.
Per queste ragioni le organizzazioni firmatarie chiedono al Governo italiano di intervenire con misure immediate e concrete: sospendere tutte le esportazioni militari verso gli Emirati arabi uniti e altri Paesi coinvolti nel conflitto; revocare le autorizzazioni già concesse che possano agevolare triangolazioni verso il Sudan; promuovere iniziative diplomatiche urgenti in sede europea e internazionale per aprire corridoi umanitari e avviare un negoziato multilaterale credibile e che coinvolga anche la società civile sudanese impegnata nella promozione della pace e nella risposta umanitaria; garantire la consegna reale e tempestiva degli aiuti umanitari annunciati, con l’impegno di metterne a disposizione altri, dando priorità alle regioni del Darfur e nelle aree a maggiore rischio di carestia; garantire l’erogazione dei fondi promessi e promuovere l’aumento dei fondi in sede europea e internazionale per il Piano di Risposta Umanitaria delle Nazioni Unite ad oggi ampiamente sottofinanziato.
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