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Brescia
di ROBERTO TAGLIANI 24 apr 2025 08:24

25 aprile. Un’eredità che ci interpella

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Una riflessione del Presidente Nazionale della Federazione Italiana Volontari della Libertà sull'80° della Liberazione

A ottant’anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, il 25 Aprile non smette di parlarci. Non solo come una data scolpita nella storia, ma come un invito a riflettere sui fatti storici che l’hanno consentita, sui valori che l’hanno guidata, sul coraggio silenzioso di chi scelse di non voltarsi dall’altra parte. Nel contesto bresciano, l’invito si fa ancora più forte, considerando quanto sia radicata quell’esperienza nella memoria viva di comunità che furono protagoniste della Resistenza non solo con le armi, ma anche con l’impegno quotidiano e diffuso della popolazione civile, che sosteneva i combattenti.

Le vie e i quartieri della città così come le montagne, le valli e le cascine della provincia furono testimoni di una Resistenza fatta di molte storie e di diverse esperienze, che spesso affondavano le proprie radici nell’umanesimo cristiano: un movimento di popolo corale e variegato che, con sobrietà e fermezza, si oppose alla violenza, alla paura, all’indifferenza.

Furono soprattutto le “Fiamme Verdi”, innestate sui valori del cattolicesimo democratico, a muoversi in prima linea per svolgere un compito a un tempo delicato e necessario: ridestare le coscienze, riaccendere le speranze, lottare per un mondo nuovo. Accanto a loro agirono anche le brigate “Garibaldi”, “Matteotti” e “Giustizia e Libertà”, animate da ideali comunisti, socialisti e azionisti. Le differenze tra i gruppi non mancavano: visioni politiche a volte distanti, che sfociarono anche in rivalità e tensioni. Ma ciò che li univa era più forte di ciò che li divideva: la volontà di porre fine alla guerra, abbattere la dittatura e liberare non solo la Patria occupata, ma le coscienze, nella convinzione che solo chi è davvero libero può costruire una società giusta.

Una figura emblematica che incarnò questo spirito fu Teresio Olivelli, giovane giurista e intellettuale, autore della Preghiera del ribelle. La sua non fu una resistenza armata: Olivelli educava, coordinava, organizzava, offrendo strumenti culturali e morali per resistere all’oppressione. Tra i fondatori del giornale clandestino Il ribelle, fu un punto di riferimento per molti, con la sua visione limpida di un mondo fondato sulla moralità ritrovata, sul rispetto per la persona, sulla libertà coniugata con la responsabilità.

Accanto a lui, nella nostra terra, tanti seppero scegliere la via giusta. Come Laura Bianchini, bresciana di Castenedolo, pedagogista e madre costituente, che dopo l’esperienza resistenziale nella redazione de Il ribelle, dove si distinse come educatrice delle future coscienze democratiche, portò in Parlamento la voce di una generazione che aveva vissuto sulla propria pelle la negazione dei diritti. La sua partecipazione alla stesura della Costituzione fu un modo per trasformare la memoria del dolore in progetti di futuro.

Alla Resistenza bresciana contribuirono in maniera determinante i Padri Filippini della Pace, che nei decenni del regime fascista seppero educare giovani e adulti al senso critico, al valore della libertà interiore, alla centralità della coscienza. In quel laboratorio culturale e spirituale si formarono le menti e i cuori di tanti cattolici che, quando arrivò il tempo della scelta, non esitarono.

Non si deve pensare che la Resistenza – a Brescia o altrove – sia stata una scelta settaria. Fu, piuttosto, una grande azione collettiva, fatta di donne che cucivano panni per i partigiani, che nascondevano i feriti, che cuocevano il pane e lo portavano nei boschi; di uomini che offrivano rifugio, informazioni, strade sicure; di famiglie che condividevano il poco che avevano; insomma, l’azione di un intero popolo che, nel silenzio, agiva per la libertà, in nome della solidarietà e della giustizia umane e cristiane, dando vita spontanea a ciò che oggi chiamiamo convivenza civile.

Questa memoria non appartiene al passato. È un’eredità viva che ci interpella ogni giorno. Perché la libertà non è un traguardo, è un cammino. Non si conserva senza fatica, non si rinnova senza impegno. Specialmente oggi, in un tempo segnato da nuove guerre, discriminazioni e tensioni sociali, ci è chiesto di testimoniare con gesti concreti i valori che hanno animato quella stagione: la pace, l’accoglienza dell’altro, il rispetto della vita, la giustizia sociale.

Celebrare l’80° Anniversario della Liberazione significa assumere un compito: essere costruttori di una società in cui nessuno sia lasciato indietro, in cui le diversità non siano motivo di conflitto ma occasione di arricchimento, in cui la politica, la fede, la cultura ritrovino il l’originario valore di servizio alla persona.

Il 25 Aprile ci ricorda che la libertà, senza giustizia, è fragile. Che la democrazia, senza partecipazione, si svuota. Che la pace non si eredita: si costruisce, ogni giorno, insieme. Ottant’anni fa, lo fecero per noi. Oggi, tocca a noi farlo per chi verrà.

ROBERTO TAGLIANI 24 apr 2025 08:24

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