Come in un’orchestra
Metti una sera al Teatro Grande per l’inaugurazione del Festival internazionale dell’educazione e, da brava cittadina, partecipa con l’obiettivo di imparare, in linea con il tema della manifestazione: “La città che apprende. Apprendere nella città”. Orecchie ben aperte e pagina bianca su cui annotare dati, proposte, idee e sogni, un insieme di nozioni per essere sempre più attrezzata a partecipare attivamente alla comunità educante ed educata che è la mia città. I saluti e i discorsi iniziali hanno delineato la dichiarazione di intenti del Festival, attraverso una serie di riflessioni, sollecitazioni e sfide che hanno composto il quadro dell’educazione come il vero motore della società, quel bene relazionale capace di generare valori e visioni condivise. Un denso moltiplicarsi di iniziative passate, presenti e future, che mirano a trasformare la nostra città in un laboratorio di cittadinanza.
E, infine, la lectio tenuta dal professor Mark Hunyadi su “Vivere in città: una storia di fiducia. In principio c’è la fiducia”, il cuore della serata. Ma prima un assaggio musicale, il concerto dell’orchestra “Esagramma”, una formazione inclusiva fondata a Milano, nel 1983, e composta da musicisti con e senza disabilità intellettiva e autismo, una metafora più che mai eloquente e impattante di quanto può risultare bello il lavoro di squadra di una comunità che educa. “L’orchestra – ha sottolineato il direttore – è un luogo formativo e, quindi, deve essere accessibile a tutti”. Per questo, la scelta di giochi semplici e adattamenti ideati per valorizzare le competenze di ciascuno, affinché ogni musicista possa scoprire il proprio suono, unico e insostituibile, come unica, originale e irripetibile è la sua persona. L’orchestra ha presentato alcune tra le più belle pagine di Beethoven, Gershwin e la “Suite” da “The mission” di Morricone.
Catturati dall’armonia dei suoni e parallelamente dall’armonia delle persone, visibile negli sguardi e nei gesti di reciproco incoraggiamento, sostegno e aiuto, la sensazione, palpabile e diffusa tra il pubblico, è stata quella di aver vissuto un’esperienza di vera umanità, dove tutto trovava il suo posto e niente stonava, neppure la spontaneità di chi cercava di aprirsi un varco tra gli altri per ricevere gli applausi e ringraziare con un sorriso. Il successivo intervento del professor Hunyadi sulla sfida di salvare la fiducia in una società digitale che si pone, invece, l’obiettivo di “costruire un mondo perfettamente sicuro, in cui ognuno possa agire senza bisogno di fidarsi”, mi ha lasciato una domanda: “Sarebbe concepibile, in una smart city, una serata con un’orchestra così?”.