Cura e spiritualità
La sofferenza della persona alla quale dedicare attenzione e cura è provocata da diversi fattori di origine somatica e psichica. La risposta deve essere rispettosa delle cause che hanno indotto la richiesta, spesso complessa, tra loro interagenti in un misto di dinamiche oscure, tra le quali il sofferente non sempre riesce a districarsi. Anzi, più cerca di uscirne da solo, più il suo dolore si acuisce, perché verifica la propria impotenza. Vanno, quindi, ricercate risposte con pazienza e serenità, senza pretendere di capire in tempi rapidi dove si annida il bisogno. La stessa modalità di approccio con tenerezza e scienza è già una cura; chi soffre è avido di ascolto, di sguardi pieni di rispetto e di attenzione. Non di occhi spenti per un’impresa senza scopo, ma scintillanti per la speranza di un impegno di significato e carico di risultati. Questo atteggiamento è una scelta doverosa per chi vuole aiutare; è così possibile avvicinarsi con prudenza, senza fretta (diverso l’atteggiamento quando si tratta di una richiesta di cura per una problematica di salute del corpo, che può esigere un intervento rapido e determinato) alla sofferenza della sorella e del fratello. La ricerca per capire la profondità e i colori del dolore richiede tempo, silenzio, capacità di adattamento, frequentemente anche il contatto fisico: solo così il cuore si apre ed è pronto a chiedere aiuto.
La persona spera che il suo bisogno di cura possa ricevere una risposta attenta, calda, non solo verbale, in grado di raggiungere il cuore che si è aperto e attende con ansia. La lettura del bisogno richiede una mente libera, la capacità di non soffermarsi sugli aspetti più evidenti o banali, ma di entrare nel profondo, affrontando vari livelli difficoltà. Vi è, infatti, chi è pronto ad aprirsi e chi invece, più o meno inconsciamente, chiede di esser aiutato anche in questo primo passaggio. La delicatezza dell’approccio richiede la prudenza necessaria per evitare chiusure, offese, barriere; una prudenza che, però, non deve esimere dalla determinazione di cogliere i punti nei quali l’intervento di cura può essere più efficace, sia sul piano soggettivo che oggettivo. In questa prospettiva, l’approccio alla persona sofferente sul piano psichico e somatico non può trascurarne l’interezza e, quindi, la spiritualità che ne è parte integrante. È un ambito dell’esperienza umana che riguarda la ricerca di significato; nel tempo del benessere e della malattia, interagisce con la stessa identità dell’individuo, con la presenza di una realtà superiore, che accompagna per tutta la vita. Nell’impostare interventi di cura questi aspetti non possono essere trascurati; talvolta vengono dichiarati dalla persona che chiede le cure, talaltra devono essere collocati con naturalezza al centro dell’incontro, così da affrontarli nel modo più sereno possibile. La spiritualità, in particolare la parte che riguarda la presenza di Dio, può diventare momento di incontro tra chi chiede la cura e chi vuole rispondere in modo adeguato alla richiesta. È quindi opportuno approfondire con delicatezza aspetti come il senso della vita, interrogativo che riguarda tutti, indipendentemente dalla appartenenza religiosa. Per chi soffre quale può essere il senso della vita se non è aperto alla speranza, al significato della vita stessa, per sopportarne le fatiche e il dolore? Tuttavia, la spiritualità non è mai un pannicello caldo ma, al contrario, una presa di coscienza della propria collocazione nel mondo, cercando, ove possibile, di inquadrarla in una prospettiva a lungo termine, che può essere legata ad un specifico credo religioso o al senso di un ruolo per se stessi, in rapporto con gli altri. Particolarmente delicata è la vita spirituale della persona sola; se ha una fede, la preghiera diventa un momento di sollievo, vissuto senza infingimenti.
“Soffro e prego non perché scompaia il dolore, ma perché possa essere aiutato a sopportarlo, pensando alla vita futura, sia su questa terra, con le sue ricchezze e povertà, che in cielo”. È il tempo per non rifiutare il rapporto con gli altri, ma anzi per pensarsi in una comunità; la sensazione di appartenenza, che è per i cristiani la comunione dei Santi, in tutti induce sentimenti di amore e di attaccamento. Tutti hanno bisogno di speranza nel tempo della fatica di vivere; una cura della speranza non fondata su un futuro sempre incerto, ma sulla propria personale condizione di persona che ama e che nell’atto di cura è amata. Una speranza fondata sul “qui e ora”. La spiritualità appartiene anche a chi dona la cura, talvolta anch’egli bisognoso di accompagnamento: per lui la vicinanza con chi soffre induce alla speranza. “Il Signore mi ha dato la possibilità di servire con la cura un mio fratello e quindi ha acceso una luce nella mia vita, una luce di speranza”.