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di LUCIANO ZANARDINI 29 giu 2016 00:00

Di armi si muore

Gli utili delle Fabbriche D'Armi aumentano. Non è ancora arrivato il momento di parlare di riconversione industriale?

Fa piacere apprendere (ma non c’erano dubbi) che ci sia un settore industriale che non sente il peso della crisi. È triste, però, pensare che parliamo di armi. Si può applaudire chiudendo gli occhi, come fanno in molti, o stigmatizzare un commercio eticamente discutibile che ha nell’Italia una protagonista assoluta dopo gli Stati Uniti. In questi giorni le agenzie di stampa rilanciano i dati sul bilancio consolidato 2015 presentato dall’assemblea degli azionisti Beretta Holding: il Gruppo presieduto da Pietro Gussalli Beretta ha chiuso l’esercizio con un fatturato consolidato pari a 660,8 milioni di euro con un crescita di 37,2 milioni di euro (+6%) e con un utile netto di 47,3 milioni di euro. Dal punto di vista societario, la Fabbrica d’Armi Pietro Beretta S.p.A. è una controllata di Beretta Holding S.p.A., che annovera al suo interno fabbriche di armi sportive e di ottiche, nonché società commerciali e di distribuzione sia italiane che estere. Numeri impressionanti che, come minimo, garantirebbero anche un’auspicata riconversione industriale. È così impossibile pensare a qualcosa di diverso? Parafrasando il Papa, “tutti parlano di pace, tutti dichiarano di volerla, ma purtroppo il proliferare di armamenti di ogni genere conduce in senso contrario. Il commercio delle armi ha l’effetto di complicare e allontanare la soluzione dei conflitti, tanto più perché esso si sviluppa e si attua in larga parte al di fuori della legalità”. Le armi “circolano con una spavalda e quasi assoluta libertà in tante parti del mondo”. Come spesso succede in questi casi, si è quasi portati a pensare che la situazione di fatto non ci riguardi. Sì, perché da noi c’è la pace.

Negli ultimi 15 anni l’Arabia Saudita è la principale destinazione di armamenti dell’Ue. E tra i maggiori clienti figurano il Qatar, l’Algeria, l’Egitto, l’India e la Turchia. Come ha ribadito più volte l’Opal (l’Osservatorio permanente sulle armi leggere) di Brescia è quantomeno sorprendente, considerato il coinvolgimento in conflitti e i legami sospetti con gruppi terroristici, che i governi europei considerino questi Paesi destinatari accettabili per una politica di esportazioni di armamenti… Così, invece di contribuire alla sicurezza, le armi finiscono solo per alimentare i conflitti, basti pensare a quello che succede in Yemen dove, nel silenzio generale, da più di 450 giorni è in corso una guerra violenta. Nel suo resoconto dettagliato l’Opal spiega bene che “gli Emirati Arabi Uniti sono parte attiva di una larga coalizione capitanata dall’Arabia Saudita tra le cui fila spiccano anche Qatar ed Egitto. Gli EAU sono uno dei Paesi con il più alto tasso di violazioni di diritti umani del Medio Oriente. Torture, maltrattamenti, sparizioni forzate, discriminazione femminile e di genere), sfruttamento e abuso dei lavoratori migranti, limitazioni pesanti con conseguenze penali e carcere sulla libertà d’espressione oltre, naturalmente, alla immancabile pena di morte, ne fanno uno dei non rari esempi di sceiccati repressivi e intolleranti dell’area”. Come possiamo indignarci e gridare all’invasione quando sulle coste italiane si riversano flussi di migranti e di rifugiati disperati?

Tornando alla dinastia Beretta, in queste settimane, in occasione dell’installazione di Christo, si è parlato molto della famiglia di Gardone proprietaria dell’Isola di San Paolo con la villa in stile Liberty. Michele Masneri sull’edizione del 25 giugno de Il Foglio ha definito “Umberta Gnutti Beretta (moglie di Franco Gussalli Beretta), madrina morale e forse anche finanziaria di questa operazione (The Floating Piers). Più di tutti si è impegnata, si è spesa, ha coordinato, ha fatto pressioni”. E Umberta Gnutti Beretta a chi le chiede se ha finanziato l’opera del ponte, risponde decisa, sempre su Il Foglio: “Assolutamente no, la mia azienda, e non quella di mio marito, ha sponsorizzato la mostra di Christo al Museo Santa Giulia di Brescia, ma qui no, l’artista si è autofinanziato in tutto”. Sempre sul Foglio, a proposito della produzione “in contrasto” con le tante attività di beneficenza della famiglia, Umberta Gnutti Beretta precisa: “Guardi, mio marito fa soprattutto armi sportive, ma le dico che se anche facessimo solo armi da guerra non cambierebbe niente, è un mestiere come un altro, tutto dipende da chi le compra”. Appunto, chi le compra?
LUCIANO ZANARDINI 29 giu 2016 00:00