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di PAOLO BUSTAFFA 15 set 2016 08:28

Dopo il tempo dello sfregio

Adesso c’è una fiaccolata in piazza davanti alla stazione. Quattrocento persone presenti, molte arrivate da altri paesi. L’associazione Libera di don Ciotti, gli scout, i gonfaloni

Adesso c’è una fiaccolata in piazza davanti alla stazione. Quattrocento persone presenti, molte arrivate da altri paesi. L’associazione Libera di don Ciotti, gli scout, i gonfaloni. Quattrocento persone su 14mila residenti”. Il cronista racconta così, l’11 settembre, la manifestazione appena tenuta a Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria) per condannare la violenza subita per tre anni da una sedicenne. Un’iniziativa per scuotere la coscienza della gente. Nel branco dei violentatori non solo il figlio di un esponente della ‘ndrangheta locale ma anche giovani di famiglie normali.

Qualcuno tenta di alleggerire il carico di responsabilità con la sconcertante sentenza che la ragazza, appena tredicenne, “se l’è andata a cercare”. Come si può arrivare a dire questo ? Il procuratore capo di Reggio Calabria, riferisce sempre il cronista, aveva detto “Questo territorio sconta un ritardo costante. C’è una mancanza di sensibilità. Tutti sapevano”. Qualcun altro aggiunge: “Purtroppo corre voce che questo non sia un caso isolato. C’è molta prostituzione in paese”. Poi un’altra: “La scuola non c’entra, ognuno deve pensare alla sua famiglia”.

Ma possono essere queste le risposte? Certamente no hanno detto i 400 della fiaccolata. Almeno per dire che il silenzio di fronte al male non è una strada che porta alla sopravvivenza ma è una palude dove affonda la dignità propria e altrui. Almeno per dire che se le uniche carte da giocare di fronte alla violenza sono l’omertà e l’indifferenza allora sono morti invano tutti coloro che non hanno taciuto, che hanno sfidato l’indifferenza. A manifestare per denunciare lo sfregio alla dignità della persona c’erano anche ragazzi e giovani che hanno avvertito il dovere di alzare la voce e di scendere in piazza.

Non hanno avuto paura e chi non ha paura e prende la parola per la dignità di ogni persona può risvegliare una coscienza in dormiveglia dietro la tenda della paura. Può risvegliare anche la coscienza di genitori, di educatori e di insegnanti che non si erano accorti di quanto stava accadendo oppure si erano accorti ma non erano riusciti a superare da soli il muro del silenzio.

Il cronista, come è suo compito, si ferma al racconto dei fatti; chi è ai bordi della cronaca cerca di proseguire, con la speranza che le notizie di nera, lascino socchiusa la porta alla speranza. Anche se scendono in piazza solo 400 persone per chiedere che dopo il tempo dello sfregio inizi quello del riscatto morale e culturale. 

PAOLO BUSTAFFA 15 set 2016 08:28