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di GABRIELE BAZZOLI 07 mag 2015 00:00

Giovani incappucciati...

La violenza distruttrice, stupida e senza senso, toglie ogni credibilità ai giovani teppisti

In questi giorni abbiamo visto e rivisto le immagini del giovane Mattia, il giovane col cappuccio nero che spiegava le sue ragioni “No Expo” con troppi “cioè” e quelle di Micheal, il giovane nero di Baltimora che si è preso qualche solenne scappaccione dalla mamma, visto che, con modalità simili al coetaneo, intendeva manifestare contro le violenza della polizia della sua città nei confronti degli afroamericani. In entrambi i casi la violenza distruttrice, stupida e senza senso, toglie ogni credibilità ai giovani teppisti. Mi sorprende, però, il modo con cui il mondo adulto ha provato a leggere questi due fatti: da una parte l’unanime riconoscimento per il coraggio della mamma di Micheal; dall’altra l’indifferenza di molti pacifici manifestanti di Milano di fronte ai giovani violenti.

Partiamo dalla mamma: la pedagogia popolare è dalla sua parte, due sonori sberloni andavano dati. Ma non sono anni che sosteniamo che l’educazione è dialogo, è ascolto, che è facile che un figlio dia un pugno se lo ha preso da un genitore e che, mutatis mutandis, se un genitore prende a schiaffi un figlio in pubblico è difficile meravigliarsi che si metta a lanciare sassi per la strada? Passiamo ai manifestanti pacifici: come è possibile scambiare la pace per indifferenza, come si può tollerare che le proprie ragioni sia oscurate dalla violenza di alcuni, non proprio pochi, facinorosi? Purtroppo è possibile. È possibile se abbiamo accettato che educare è un’operazione semplicemente tecnica; che essere adulti è un dato tutt’al più anagrafico, piuttosto che il risultato credibile delle scelte che hanno costruito la propria vita; è possibile se abbiamo passivamente creduto che non esiste un’asimmetria nella relazione educativa che prevede che il genitore, l’insegnante, il prete, l’animatore siano testimoni di una storia che è ancora viva e che gli adolescenti e i giovani il proprio protagonismo lo possano (e lo debbano esprimere) confrontandosi e scontrandosi con quella storia; è possibile, infine, se le finalità di quella straordinaria operazione che è l’educare sono semplici valori convenzionali, parole belle e un poco vuote, figlie di un contratto sociale di cui, oggi, nessuno ricorda i fondamenti e le ragioni.

Senza togliere la responsabilità individuale a chi spacca le vetrine senza sapere bene il perché, non sarà inutile chiedere ai molti adulti che continuano a fare gli adolescenti e che non se la sentono di diventare grandi di fare uno sforzo. Provarci. Perché non può esistere una società che funziona, “buoni giovani”, onesti cittadini, senza adulti.
GABRIELE BAZZOLI 07 mag 2015 00:00