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di CHIARA GABRIELI 20 nov 2025 09:53

Il filo della speranza

C’è un filo sottile, ma tenace, che attraversa il Rapporto Immigrazione Migrantes-Caritas 2025, presentato lunedì 17 novembre a Brescia: è il filo della speranza. Non una speranza ingenua, ma quella che nasce dallo sguardo sulle vite reali, sui volti dei giovani che abitano l’Italia e la Brescia di oggi. Ragazzi che parlano più lingue senza accorgersene, che vivono tra radici diverse senza sentirle in contrasto, che sognano il futuro in modo sorprendentemente semplice: una casa, un lavoro, relazioni buone. Una normalità che per molti di loro è ancora tutta da conquistare. Nel nostro Paese vivono oltre 5 milioni di persone di origine straniera e più di un quinto dei bambini che nascono ha almeno un genitore non italiano. Non sono numeri da dibattito politico, sono il quadro della nostra realtà. È la classe che a scuola mescola lingue e accenti; è il collega che porta un’altra storia; è la famiglia che prega accanto a noi la domenica.

È, in una parola, intercultura: un modo di vivere insieme che non cancella le differenze, ma le mette in dialogo. Brescia conosce bene questo intreccio di storie: qui le comunità provenienti da Romania, Albania, India, Pakistan, Ucraina, Africa del Nord e Africa subsahariana non sono più “presenze marginali”, ma parte viva della città. Eppure, convivono luci e ombre. I giovani di origine straniera incontrano ostacoli nel lavoro, nei percorsi scolastici, nella casa, nella possibilità di vedersi riconosciuti fino in fondo. Si parla spesso delle loro difficoltà, molto meno delle loro risorse e ricchezze. Sono proprio loro, spesso, a mostrarci cosa significa abitare un Paese senza smettere di cercare il futuro. Lo sport, la scuola, l’oratorio, i luoghi quotidiani della vita diventano spazi decisivi in cui questi ragazzi imparano − e insegnano − l’arte dell’incontro. La fede, poi, apre un capitolo ancora più profondo: nelle nostre comunità convivono cristiani, musulmani e persone di tante tradizioni diverse. Forse la vera domanda che il Rapporto ci consegna è questa: siamo pronti a lasciarci cambiare da questi giovani? Siamo disposti a riconoscere che il futuro dell’Italia − e della Chiesa − passa anche da loro, dalle loro famiglie, dalle loro fatiche e dai loro sogni? Non basta accoglierli: dobbiamo ascoltarli. Non basta includerli “nei nostri spazi”: occorre costruirne di nuovi insieme. Perché è così che nasce davvero la speranza: quando smette di essere un principio astratto e prende il volto concreto di chi cresce accanto noi.

CHIARA GABRIELI 20 nov 2025 09:53