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di EMILIO DEL BONO 27 gen 2024 18:06

Il ritorno dei diritti umani o barbarie disumane

Sono tempi in cui avvertiamo un profondo senso di disagio e di incertezza sul nostro futuro. Certo ci sono le ragioni domestiche per cui l’avvertiamo, ovvero le nostre vicende nazionali, ma soprattutto è il quadro geopolitico mondiale che ci fa sentire inermi e disorientati sul futuro. E ne abbiamo totale ragione. Si stanno scrivendo nuove mappe valoriali e nuove gerarchie in questo XXI secolo, mappe che smentiscono e in parte demoliscono concettualmente quelle faticosamente guadagnate nel XX secolo dopo due guerre mondiali. Certo si può dire che quelle conquiste, in molte parti del mondo, non erano declinate nella realtà e nella pratica del Potere. Vero ma non erano concettualmente messe in discussione. A cosa mi riferisco? Al primato della persona e alla categoria dei diritti umani universali. Quei diritti umani che trovano un largo riconoscimento internazionale, a prescindere dai blocchi di influenza, e che vedono nella Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 un manifesto potente e riconosciuto dalle diverse esperienze statuali. Dichiarazione che ha poi trovato la sua declinazione nelle Convenzioni internazionali del 1966. In quel Preambolo della Dichiarazione trovavamo rassicurazione in “quel riconoscimento della dignità della famiglia umana e dei diritti, uguali e inalienabili” senza i quali non vi è “libertà, giustizia e Pace”. Una stagione, dopo la Seconda guerra mondiale, nella quale il filone giusnaturalistico (i diritti umani sono naturali) e quello giuspositivistico (i diritti sono disciplinati dagli Stati quindi dagli uomini) coincidono. Un percorso che trovava le radici nella Bill of Rights del 1689, inglese, e nella Dichiarazione d’indipendenza americana del 1776 ma anche nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, espressione della Rivoluzione francese, ma che trovava la sua naturale culla nell’abbraccio tra valori laici e quelli religiosi, in una comune visione etico-morale.

Dichiarazione Universale. Come non riconoscersi nel Preambolo della Dichiarazione universale del 1948 quando afferma che “il disconoscimento dei diritti umani ha portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza della umanità?”. E come non vedere che si è smarrito il monito indicato: “ogni individuo e ogni organo della società si sforzi di promuovere con l’insegnamento e l’educazione il rispetto di questi diritti”. Prima della regola scritta doveva entrare nei cuori delle persone e quindi dei popoli questo sistema di valori. Il compito di insegnamento ed educazione, avvertiamo sia stato largamente eluso, dal mondo culturale e civile come dalla politica. Sì, perché senza una pedagogia civile non può rinsaldarsi la democrazia e un riconoscimento della eguaglianza delle persone e dei loro inalienabili diritti. E questo anche alla Chiesa Cattolica è stato assolutamente chiaro quando, nell’affinarsi della sua dottrina sociale, ha messo a pilastro della relazione internazionale una idea di “umanesimo planetario” (Populorum progressio) e, declinando gli stessi concetti della Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948, ha ribadito che esiste un legame indissolubile tra la Pace e la Giustizia ed il rispetto dei diritti umani.

Le parole di Paolo VI. Come riecheggiano forti le parole di Paolo VI nel suo viaggio a Manila: “Io sento l’obbligo di professare i diritti dell’uomo”. I diritti, come ha ribadito Papa Francesco, che non hanno frontiere. E comprendiamo quanto urga che le Nazioni Unite riprendano vigore per “evitare la tentazione di fare appello al diritto della forza piuttosto che alla forza del diritto” (Giovanni Paolo II). Eppure avvertiamo che questa Voce e questa visione appare flebile nel mondo e anche nelle nostre stanche e sfibrate democrazie occidentali. Percepiamo quanto sia mancata quella semina educativa senza la quale la cattiva politica ed i suoi cattivi insegnamenti prendono piede, quanto sia vera la considerazione della “Fratelli Tutti” che sottolinea: “Quando una determinata politica semina l’odio e la paura verso altre Nazioni in nome del Proprio Paese, bisogna preoccuparsi e reagire in tempo e correggere immediatamente la rotta”.

Cambiare rotta. Il tema centrale è se siamo in tempo, se abbiamo la forza morale e la convinzione di correggere la rotta. La risposta è sì, siamo sempre in tempo per orientare le nostre personali convinzioni e la nostra azione nella giusta direzione, ma non possono esserci inerzia e indifferenza a cominciare dai cristiani. Serve una grande Politica e quindi servono grandi idee, perché si possa tornare nel mondo ma anche nella nostra Europa a quel clima che portò nel 1975 a sottoscrivere gli Accordi di Helsinki che avevano come obiettivo la sicurezza dei Paesi insieme al rispetto dei diritti umani. Accordi che furono sottoscritti da ben 57 Paesi, compresa la Russia.

Il Magistero della Chiesa. Scarseggiano è vero stature politiche adeguate e pensieri forti. Per questo una parte importante del mondo guarda al Magistero della Chiesa Cattolica e all’autorevole Voce di Papa Francesco con crescente interesse e bisogno, perché di un’Autorità morale nei tempi bui c’è un insostituibile bisogno, c’è la necessità di una guida che illumini il cammino e semini speranza nella nostra umanità.



(Foto Lpj.org)

EMILIO DEL BONO 27 gen 2024 18:06