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di MARCO DERIU 21 apr 2016 00:00

La nuova guida del Tg4

Com'è cambiato il telegiornale rispetto agli inizi? E'cambiato il modo in cui le notizie vengono date

Dopo la lunga era di Emilio Fede – direttore-conduttore dal giugno 1992 al marzo 2012 – il Tg4 sotto la direzione di Mario Giordano ha deciso di tornare a puntare sul conduttore unico di richiamo, riportando davanti alle telecamere Alessandro Cecchi Paone. La scelta è stata determinata dallo scarso riscontro del Tg4 in termini di ascolto, nella speranza che il volto noto del giornalista possa risollevare un po’ l’audience. Il buon Cecchi Paone, che già caratterialmente tende a un certo protagonismo, si è subito calato nella parte personalizzando la conduzione dell’edizione delle 18.55 e allungandone la durata di 25/30 minuti, per una durata complessiva di quasi un’ora (il doppio rispetto al formato abituale dei notiziari televisivi). In una televisione popolata di reti “all news” e ricca di appuntamenti con i notiziari che si susseguono di ora in ora, non è facile per una testata telegiornalistica distinguersi dalle altre.

Ciò che può fare la differenza, oltre alla scelta degli argomenti o dei temi da privilegiare, è il modo in cui le notizie vengono date. Per questo si cerca la personalizzazione della conduzione, puntando su volti noti e cercando di favorire un legame empatico fra conduttore e pubblico. La dilatazione della durata conferma la tendenza dell’informazione televisiva a scovolare sempre più verso l’infotainment (informazione + intrattenimento), che mira soprattutto a intrattenere lo spettatore più che a renderlo edotto sui fatti del mondo.

Le notizie diventano un pretesto per collegamenti trasversali fra gli argomenti, spazi di dialogo, interviste a opinionisti e divagazioni varie; l’importante, per la testata, è conquistare il maggior numero di spettatori per il tempo più lungo possibile Tutto il contrario di quanto accadeva nei telegiornali delle origini, a metà degli anni Cinquanta, quando l’imparzialità nell’espressione e la neutralità formale erano una regola, insieme all’obbligo per gli speaker di non farsi notare troppo per i modi di condurre e di rappresentare sempre e comunque l’immagine “istituzionale” della testata. I primi conduttori, del resto, non venivano scelti fra i giornalisti ma fra i doppiatori, in quanto fra i requisiti indispensabili per svolgere al meglio il ruolo c’erano la corretta pronuncia e la dizione infallibile. Da allora a oggi si sono affermate sempre più le esigenze spettacolari, che hanno trasformato anche il telegiornale in un prodotto mediatico più da vedere che da sentire.
MARCO DERIU 21 apr 2016 00:00