Meno chiacchiericcio e più fraternità
Perché non ci sono io in quella bara? In realtà non lo so, perché a leggere le parole che accompagnano il funerale di don Matteo, giovane prete di Novara che si è tolto la vita, non mi sembra di scorgere nulla di differente da alcune caratteristiche del ministero che ogni prete vive: tante corse in mille cose da rincorrere, nuovi ruoli dentro un mondo che non si ferma (comprese nomine con sempre più “anche”). Spesso, da preti, siamo soli. Come sono soli i genitori quando vogliono veramente essere genitori e non diventano amici dei loro figli per paura di dire un “no”; o gli insegnanti quando hanno il coraggio di trasmettere ciò che serve nella vita e non solo quello che è smart; o i Sindaci quando guardano con coscienza al bene comune… Togliere l’inevitabile solitudine che accompagna ogni responsabilità non è la soluzione percorribile, ma è possibile aumentare gli spazi di comprensione reciproca, di rispetto delle fatiche e di accudimento delle fragilità: mi permetto di esprimere il desiderio e il bisogno di sentire intorno a noi meno frastornante chiacchiericcio e una più concreta fraternità, a partire da chi abita le nostre parrocchie. Che, spesso, ci pensa perfetti e non uomini.
