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Brescia
di SABRINA PIANTA 12 mag 2025 08:35 Ultimo aggiornamento 12 mag 2025 12:35

Nella Chiesa, in uscita

Siamo nate da un sacerdote diocesano, Sant’Arcangelo Tadini, che amava profondamente la Chiesa e nei diversi contesti in cui siamo, fedeli al nostro carisma, condividiamo la missione della Chiesa locale. Sentiamo forte la vocazione a essere ponte tra il mondo del lavoro e la Chiesa, tra i colleghi, i ragazzi che si preparano al lavoro e la comunità cristiana. Siamo nate dalla prima enciclica sociale, la Rerum novarum, e il pensiero sociale cristiano continua ad essere punto di riferimento per noi; in questi ultimi anni il Magistero di papa Francesco, le sue scelte, il suo stile ci hanno guidato. Sono stati una freccia che ci ha indicato la direzione e una luce che ha indicato il passo da compiere. La sua scelta di vivere a Santa Marta e non nell’appartamento pontificio ha sostenuto la nostra scelta di trasferire la casa generalizia in un appartamento del quartiere di Sanpolino. Il suo insistere sulle periferie ci ha portato ad aprire le ultime comunità in luoghi marginali, insignificanti dal punto di vista economico e sociale.

È soprattutto la sua visione di Chiesa sinodale che ci ha “contagiato”, una Chiesa che cammina insieme, ascolta tutti, valorizza il contributo di tutti; una Chiesa dove ci si sente fratelli e sorelle, dove le diversità sono accolte come ricchezza. La presenza al sinodo di Roma come madre sinodale di una nostra sorella, suor Elysée Izerimana − che ha collaborato tempo fa con l’Ufficio diocesano per le missioni − è stato un ulteriore aiuto sulla strada della sinodalità. Concretamente lo stile sinodale ci ha portato a impegnarci in un processo di interculturalità. La nostra Famiglia è formata da sorelle italiane, burundesi, brasiliane, ruandesi e maliane. Siamo di lingua, cultura, esperienze diverse. Se la differenza diventa superiorità o inferiorità, genera facilmente divisione. Il “diverso” tende a spaventarci e a farci alzare muri. Solo se ci si sente tutte appartenenti alla stessa Famiglia, se ci si sente tutte sorelle perché chiamate a vivere, sia pure in modi e luoghi diversi, lo stesso carisma, la diversità diventa ricchezza. Abbiamo scelto di vivere in comunità composte da sorelle di culture diverse, dove sperimentare relazioni di incontro e non di colonizzazione, di sorellanza e non di dominio. In società sempre più “colorate” l’interculturalità è una necessità che diventa possibilità di vivere il comandamento di Gesù e profezia del Regno di Dio. Una comunità composta da donne di età e culture diverse, che vivono da sorelle in nome del Vangelo, è un segno profetico in società malate di pregiudizi e in Paesi sempre più chiusi nel nazionalismo. La sinodalità si è tradotta anche in cambiamento di strutture. Molto più della Chiesa diocesana, la vita religiosa ha già per natura una struttura sinodale, che tuttavia va adeguata alla realtà. Se prima l’Italia era anche strutturalmente il centro della Congregazione e gli altri Paesi erano sue delegazioni, ora tutte le comunità appartengono a una Delegazione: dell’Europa, dei Paesi dei Grandi Laghi, del Brasile. Questo significa che tutte le comunità − e le sorelle − sono alla stessa distanza dal Governo centrale, senza vie preferenziali.

Un piccolo passo che testimonia che l’Europa non è più il centro del mondo. La sinodalità ha alla base un atteggiamento che come Suore Operaie cerchiamo di imparare sempre più: l’ascolto. Non l’ascolto pro forma, l’ascolto perché va di moda ascoltare, ma quell’ascolto profondo − e molto difficile − che ti mette in questione, che ti chiede di tacere finché l’altro ha terminato di parlare, che spesso non ti permette di avere risposte immediate. Un ascolto dell’altro e dell’Altro. Lo Spirito soffia dove vuole. Il carisma non è proprietà nostra, è un dono da condividere, con fratel Giorgio, con gli sposi Marco e Paola, con gli “Amici delle Suore Operaie” – associazione che ci sostiene nella missione —, con molti giovani e adulti che lavorano o cercano lavoro. La sinodalità è anche un modo di vivere la leadership. Personalmente ho imparato moltissimo da papa Francesco, che ha saputo indicarci un orizzonte alto – la bellezza di vivere il Vangelo – chiedendoci allo stesso tempo di affrontare problemi, anche gravi − quali gli abusi −, senza mai perdere la gioia di seguire Cristo. Un’immagine mi è rimasta scolpita nel cuore. Nella prima Assemblea triennale della UISG (Unione Internazionale Superiore Generali) alla quale ho partecipato, papa Francesco ci ha accolte in aula Paolo VI stando seduto a distanza sul palco. La seconda volta è entrato in aula dal fondo, con al fianco – sulla stessa linea – la Presidente e la Segretaria UISG e si è seduto davanti a noi, al nostro livello. Ma prima di sedersi, poiché una delle tre sedie — la sua — era più grande, l’ha fatta cambiare perché fossero tutte uguali. Un segno eloquente di una Chiesa sinodale, che cammina insieme, uomini e donne, clero e laici. A questo modello di Chiesa come Suore Operaie ci ispiriamo e per questa Chiesa evangelica, inclusiva, in uscita, ci impegniamo.

*Superiora Generale

SABRINA PIANTA 12 mag 2025 08:35 Ultimo aggiornamento 12 mag 2025 12:35

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