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Brescia
di CLAUDIO CAMBEDDA 16 mag 2024 08:00

Non basta la passione

Presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore si è tenuto nei giorni scorsi il convegno “Volontariato, giovani e dolore. Esperienze, vissuti e ricerche” condotto dai professori Testoni, Marta, Cadei e Serrelli, avente ad oggetto l’esito di due ricerche condotte dagli studenti sul tema del volontariato giovanile, delle motivazioni ed esperienze in tema di vicinanza alla sofferenza e di accompagnamento dei malati. La ricerca scientifica spesso sottovaluta il volontariato, che non deve essere lasciato all’improvvisazione. Non basta muoversi seguendo il cuore, ma occorre preparazione. Per i giovani il volontariato spesso è di tipo episodico, fondato sulla curiosità: a fronte di interviste a giovani dai 19 ai 22 anni emerge che il loro coinvolgimento avviene per accettazione e non per attivazione. E se è vero che la motivazione sia quella della ricerca stessa del senso della vita, essa viene affrontata in condivisione con amici e non individualmente, poiché il “mettersi al servizio” di fronte alla sofferenza richiede una particolare forza, meglio affrontabile in gruppo. Allo spavento dell’esperienza iniziale subentra l’attrazione e il desiderio di impegnarsi al servizio non solo di sofferenti, ma di tutta la collettività, ricevendone benefici spirituali e risposta al senso del vivere. Dopo il Covid vi è una certa ripresa d’interesse per il volontariato giovanile, i cui ingredienti sono 4: la prossimità, il mettersi in gioco, la visione sociale, implicante radicamento e utilizzazione delle risorse disponibili, e l’accompagnamento.

Ci si è chiesto come si relazionano i giovani con la sofferenza, a cosa la associano, quali forme di accompagnamento ritengono affrontabili e quali indizi del loro comportamento caratterizzino elementi precursori del volontariato. Si è cercato di raccoglierne le sensazioni, le esperienze specifiche, le prospettive di azione. Il giovane volontario è interessato a situazioni di bisogno psichico, lutti, malattie, relazioni affettive, molestie e violenza, dinamiche familiari, e si rivolge anche a parenti, amici e partner di chi soffre. I tipi di sostegno sociale sono quello strumentale, non terapeutico ma concreto, e quello di informazione, attraverso le indicazioni utili per il “problem solving”. Il sostegno di tipo emozionale, lo stare vicino e accanto, appare l’atteggiamento più comune, mettendo il volontario in gioco in prima persona. Tutto ciò richiede abilità, competenza e formazione, oltre all’entusiasmo, necessario nell’avvicinarsi a chi soffre per fare percepire la capacità di crescita dal dolore. Oggi occorre offrire luoghi ai giovani volontari onde consentirne la relazione, il riconoscimento sociale, la trasformazione in visione di ciò che si desidera valorizzare nel campo del volontariato.

CLAUDIO CAMBEDDA 16 mag 2024 08:00