Non cerchiamo scuse
I cocci dei nostri sogni infranti sono tutti lì, tra le mani, nel cuore e dentro la testa. Sono i sogni a pezzi dei bambini uccisi in guerra, delle donne violentate e ferite per sempre, della politica democratica che segna una partecipazione da allarme rosso, degli adolescenti violenti che massacrano i coetanei senza motivo, delle fatiche delle nostre comunità, della pace di cui abbiamo perduto incredibilmente le tracce… Quando ero piccolo mi arrabbiavo perché l’Avvento, secondo me, durava poco. Mi sembrava ingiusto, visto che era il tempo in cui sognavo di più: l’attesa di Qualcuno, la gioia di Santa Lucia, la luminosità della speranza, la notte vinta con il tepore di casa e la luminosità fabiesca delle luci più colorate. Adesso, che sono grande, questa ingiustizia mi appare, a tratti, ancora più meschina ma, soprattutto, in gran parte, creata da me, da noi e non dal calendario. Quest’anno non vorrei cercare scuse: tocca a me, tocca a noi essere sani portatori della luce dell’Avvento.
La speranza, come dice Peguy, è virtù bambina, si ciba dei sogni e invita gli altri a sognare; bambina perché non ha la pesantezza di chi si è costruito troppa esperienza con una buona scorza di indifferenza, ma sa giocare con libertà, trascinando nella danza chi non ha più la voglia o la forza di ballare, a partire da noi stessi. Forse l’Avvento è breve per questo motivo: ogni anno richiede l’intelligenza di cambiare il motivo per cui si desidera la luce. Come la presenza di Dio che non è mai identica ma cambia, per rimanere fedele all’incarnazione in questa storia e non in un’altra; e così si adatta ai cocci rotti, e richiede anche a noi di non stare a perdere troppo tempo nel lagnarci ma, subito, senza tante storie, sappiamo ricominciare. Grande invenzione questo Avvento così veloce, così contemporaneo come la velocità dell’uomo moderno che corre, spesso senza sapere dove. Ma, in questo caso, potendo correre con Qualcuno che non scappa, ma che ci viene incontro: basta un attimo per sentirsi amati. Chiedo al Signore l’intelligenza, la forza, l’intuizione di prendermi il tempo che serve, l’attimo giusto, la scintilla che faccia ripartire il fuoco della vita: personale, ecclesiale e sociale.