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di LUCIANO PACE 28 lug 2016 00:00

Non solo informazione

La logica dell’educazione è diversa da quella del giornalismo. Un giornalista, se vuole fare il suo mestiere, deve offrire con le sue parole un report di ciò che accade...

La logica dell’educazione è diversa da quella del giornalismo. Un giornalista, se vuole fare il suo mestiere, deve offrire con le sue parole un report di ciò che accade. Offrire informazioni il più possibile prossime alla verità è suo nobile compito. Un educatore non può limitarsi ad informare, deve promuovere relazioni umane che tendano a migliorare gli accadimenti futuri, perché di alcune notizie non si abbia un giorno più notizia.

Di fronte agli attentati terroristici di Monaco, di Nizza, di Bruxelles, del Bataclan, cosa può fare l’educazione? A questa domanda la rivista scolastica “Tuttoscuola” risponde suggerendo la via dell’educazione genitoriale e scolastica (fatta di approfondimenti sul fenomeno del terrorismo, di discussioni motivate, di informazioni corrette) come “via lunga”, capace nel tempo di promuovere forme di convivenza non violente, democratiche ed abili al confronto inter-culturale ed inter-religioso.

A questo riguardo, non ci sono dubbi sul fatto che la promozione di uno stile di convivenza fraterno e tollerante sia una prospettiva migliore rispetto alla promozione di paura ed intolleranza. Nessun dubbio neppure sul fatto che in famiglia così come a scuola sia meglio orientare al primo stile piuttosto che al secondo. Resta però da chiedersi se la via della discussione e dell’approfondimento d’informazione sia sufficiente per raggiungere lo scopo. In educazione, infatti, non conta solo ciò di cui si discute in base a ciò che si conosce con raffinatezza. L’atto dell’educare ha sempre bisogno di testimonianze di vita in cui le parole ascoltate e discusse possano incarnarsi. L’educatore è un giornalista al contrario: non parla di ciò su cui informa (dà notizia), ma informa (educa) rispetto a ciò di cui parla. In questo senso, a casa come a scuola, diventa opportuno ed urgente non solo discutere sugli eventi terroristici, ma creare ambienti di relazione in cui i nostri figli e i nostri studenti possano sperimentare solidarietà, fraternità, accoglienza della diversità religiosa e culturale. La promozione di legami di amicizia sociale, intesa come testimonianza reciproca di accoglienza nel rispetto e nel confronto aperto con la diversità, può essere la strada lunga da percorrere con pazienza. E potrebbe giovare non solo per contrastare la logica del terrore, ma anche per stemperare la logica individualistica a cui siamo abituati in Occidente, secondo la quale gli altri sono utili solo quando ci fanno comodo.
LUCIANO PACE 28 lug 2016 00:00