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di LUCIANO PACE 26 feb 2015 00:00

Scuola: quale cambiamento?

Come è possibile incentivare l’autonomia scolastica senza che l’autovalutazione delle singole dirigenze possa davvero riguardare la decisione sulle assunzioni dei futuri docenti?

“La scuola che cambia, cambia l’Italia” è stato il motto del convegno organizzato dal dipartimento scuola del Pd, svoltosi domenica scorsa a Roma. Da ciò che si può capire, quella che il Pd propone sulla scuola è una revisione che, almeno negli intenti, tenda a promuovere l’autonomia scolastica, come espressa nel Dpr n. 275, dell’8 marzo del 1999 che regolamenta la Legge n. 59 del 15 marzo 1997. Nell’articolo 1, comma 2 del Dpr si legge infatti: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti”. In che modo il governo Renzi intende promuovere tutto questo?

In sintesi, le proposte avanzate dal Pd e promosse dal governo sono: assunzione “entro settembre 2015, per l’inizio del nuovo anno scolastico” di circa 150mila insegnanti attualmente precari che fanno parte delle graduatorie ad esaurimento; una volta terminata l’assunzione su base delle graduatorie (nell’arco di tre anni scolastici), tornare all’assunzione in ruolo solo tramite concorsi pubblici, per evitare – spiega il ministro Giannini – di ricadere nella “babele delle graduatorie”; possibilità delle dirigenze scolastiche, attraverso una seria valutazione del merito, di premiare economicamente i docenti più meritevoli seppur più giovani (rompendo il rigido meccanismo degli scatti economici solo su base di anzianità di servizio); la possibilità per ogni scuola di avere un certo numero esiguo di docenti a disposizione delle dirigenze, garantendo un “organico funzionale” a disposizione della scuola non calcolato solo sulla base delle esigenze di orario cattedra delle singole discipline; potenziamento dell’insegnamento di alcune discipline, tra cui matematica, arte, musica, lingue e letterature straniere. A questo punto, ci si può domandare se tutto ciò può concretamente promuovere l’autonomia scolastica come sopra auspicata.

Qualche dubbio in questo caso è legittimo. Uno fra tutti: come è possibile incentivare l’autonomia scolastica attraverso una stabilizzazione dell’organico docente da parte dello Stato (attraverso immissioni in ruolo per concorso) e senza che l’autovalutazione delle singole dirigenze possa davvero riguardare anche la decisione sulle assunzioni dei futuri docenti?
LUCIANO PACE 26 feb 2015 00:00