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Brescia
di RAFFAELLA FALCO 16 gen 2025 07:00

Troppo cattolico

Non credo sia solo l’affetto a farmi gustare intensamente la compagnia dei miei giovani nipoti. Anche incontrare suor Anita, suor Giulia e suor Giada, mie giovani sorelle, è una boccata di ossigeno, quando il respiro della vita si fa un po’ più affannoso. Al messaggio di suor Lara, pieno di sigle e di faccine, oso azzardare: “Tvb ank’io, bella sis!”. Trascorrere qualche ora nella nostra comunità di Passirano, dove tre ragazze hanno scelto di vivere un anno per Gesù, stoppando la corsa alla carriera e sfidando ogni possibile obiezione, è come una ventata di aria fresca che scende dalla Maddalena in un’afosa serata d’estate. Non saprei definire la speranza, tema del Giubileo, ma le sensazioni di cui sopra, quelle sì le so descrivere, e mi pare siano quanto di più vicino alla speranza possa esistere. Con ciò, non voglio dire che adulti e anziani non possano essere portatori sani di futuro. Anzi.

Tuttavia, i giovani che stanno con Gesù mi fanno questo salutare effetto: “Vale davvero la pena vivere e, poi, morire!”. Fa bene, quindi, la Chiesa a rintracciare vite di giovani che, nei modi più disparati, tanti quanti sono i luoghi, i tempi e le circostanze delle loro esistenze, scelgono di vivere e annunciare il Vangelo. E fa bene a dar loro il nome di Santi. Santi, cioè vivi in Cielo, come vivi sono stati sulla terra. Vivi, appassionati, mai rinunciatari o arrendevoli di fronte a difficoltà anche molto serie. Il segreto? Avere dalla tua parte Chi ti aiuta a chiamare per nome le cose: Amore ogni attimo donato e Croce la malattia, la violenza, l’incomprensione. E il salto, per quanto alto possa essere, è fatto. Sei nelle giuste mani, quelle di Chi la tua vita l’ha inventata, con annesso un personalissimo libretto di istruzioni: il Vangelo letto con la vita e la vita letta con il Vangelo. Sono edizioni rare questi “testi”. Non ce n’è uno uguale all’altro. Scommettiamo?

Eccone un esempio: Marcel Callo, nato a Rennes (Francia) nel 1921 e morto, 24enne, nel 1945 nel campo di concentramento di Mauthausen. Non è prete, né frate, ma giovane lavoratore impegnato negli Scout e nella Gioc (Gioventù Operaia Cristiana) e fidanzato. Un luminoso esempio di fede difesa a denti stretti, come il tesoro più prezioso. Condannato a morte, perché “troppo cattolico”. Un compagno prigioniero, che lo assiste nel momento della morte, di lui racconterà: “Se io, non credente, sono stato colpito dallo sguardo di Marcel, è perché in lui c’era qualcosa di straordinario. Il suo sguardo esprimeva una convinzione profonda che portava verso la felicità. Era un atto di fede e di speranza verso una vita migliore”. Come volevasi dimostrare.

RAFFAELLA FALCO 16 gen 2025 07:00

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