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di ROMANO GUATTA CALDINI 10 dic 2025 15:50

Un deserto di culle vuote

L’Italia si sta avviando verso ciò che, in tempi non sospetti, preconizzò Giovanni Paolo II: il “suicidio demografico”. Nel nostro territorio la tendenza riflette il dato nazionale, come fotografato nei giorni scorsi dal Laboratorio di ricerca e intervento sociale del Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in occasione del 18° Laris day. “Famiglia, giovani e comunità locale di fronte all’inverno demografico” è stato il tema al centro dell’assise. Il numero di ultra-ottantacinquenni bresciani passerà, secondo le stime Istat, dagli attuali 47mila a 66mila in 15 anni. Si stima anche che fra 15 anni il numero di giovani anziani (da 65 a 74 anni) arriverà a 200mila unità, con un incremento del 27% rispetto a oggi. Sull’altro versante, l’andamento recente delle nascite nel Bresciano segue un profilo che a una fase di crescita fino al 2013 (da 8.800 nel 1991 a 13.500 nel 2013, quando si raggiunse il massimo dagli anni ’80) fa seguire una fase di continuo calo fino alle 8.800 unità del 2025. Una riduzione meno forte rispetto ad altre realtà grazie alla presenza straniera che contribuisce per più del 20% alle nascite complessive. Eppure non basta.

Al netto dei dati statistici – numeri talvolta asettici a fronte della glaciale realtà, indice di un inverno demografico che sembra non finire mai – a cosa è dovuto il fenomeno? Cominciamo sfatando un mito: non è vero che i giovani italiani sono disinteressati al versante familiare. Lo attestano diverse indagini realizzate dall’European values study sino all’International social survey programme: per il 64% dei giovani under 34 i figli rappresentano un elemento fondamentale per un matrimonio di successo. Per oltre l’80% dei giovani italiani il numero ideale di figli è due o più di due. Eppure la curva discendente delle nascite sembra inverare gli intenti. Ma non stupiamoci, soprattutto a fronte della prolungata permanenza in famiglia, legata a ragioni il più delle volte economiche: precarietà lavorativa, affitti ai massimi storici e un carovita sempre più pressante sono solo alcuni dei fattori che caratterizzano la realtà quotidiana delle nuove generazioni. Il cambio di passo, strutturale e sistemico, su basi sussidiarie, con al centro la famiglia, è più che mai urgente. Altrimenti non si potrà mai costruire una “casa di buona pietra”. Sempre che non si voglia trasformare l’Italia in un deserto di culle vuote.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

ROMANO GUATTA CALDINI 10 dic 2025 15:50