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di CARLO TARTARI 08 feb 2024 00:05

Una croce fiorita

Di fronte ad una croce fiorita, immagine insolita, per certi versi contraddittoria, si rimane stupiti, inquieti, meravigliati. Non siamo abituati ad accostare e associare alla massima espressione della sofferenza e del dolore, la genuina bellezza, la delicatezza, la poesia di un fiore che sboccia. Come può una croce fiorire, come può un fiore radicarsi e crescere sul duro legno che sorregge, espone, tortura i condannati a morte? Potremmo fermarci a considerare questa immagine riducendola ad una mera figura retorica, un ossimoro: un intreccio di due parole, di due immagini contraddittorie e opposte all’interno della stessa espressione. Non spostiamo repentinamente lo sguardo dalla croce fiorita, proviamo a sostare per intuire, intravedere e accogliere cosa dalla croce illumina la nostra intelligenza, cosa cattura lo sguardo ed entra nel profondo della nostra vita.

Forse, rimanendo per un poco ai piedi della croce, potrò intuire che qualcosa di misterioso e di grande è avvenuto: il legno del patibolo non è sempre stato lì, qualcuno lo ha portato; non è sempre stato vuoto, qualcuno vi è salito; non è oggetto da desiderare, ma attrae misteriosamente a sé. La croce non è più abitata, chi vi era stato confitto non è più lì e allora lo sguardo si solleva alla sommità della croce, laddove anche il motivo della condanna, esposto su perentorio ordine di Pilato, è coperto dai fiori. La storia è giunta fino al momento nel quale risuona ancora lo stupore del centurione romano che “si trovava di fronte a lui, e avendolo visto spirare in quel modo, disse: ‘Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!’”. Egli ne parla alludendo comunque ad una vicenda che considera chiusa, finita, conclusa nel più tragico dei modi; ma la Resurrezione, la vittoria sulla morte, l’apertura che congiunge il cielo alla terra passa proprio sul duro legno della Croce; apre una prospettiva inaudita, insperata, definitiva. Così la gioia cristiana ha le sue radici nella Croce di Cristo, sulla quale il Signore è stato elevato da terra e dalla quale attira tutti a sé. Il lungo cammino della Quaresima conduce a questo incontro, all’incontro con il Risorto; mancano pochi giorni all’inizio di questo austero tempo di grazia, di conversione, di rinnovamento.

Un tempo nel quale, al passo con i discepoli, incontreremo anche le nostre fragilità , le debolezze, le paure, le inconsistenze che ci inducono a fuggire dalla prospettiva della passione e della morte; come i discepoli anche noi rischiamo di lasciare da solo Gesù lungo la Via dolorosa del Calvario, anche noi siamo tentati di ricorrere ad un facile e vile “non lo conosco!”. Allora non camminiamo da soli, viviamo questo tempo nella consapevolezza che la comunità cristiana, il popolo di Dio ripercorre e vive l’attesa della fioritura della Pasqua di resurrezione. Le proposte e le occasioni per muovere insieme i passi sono molteplici: le troviamo a partire da ciò che le nostre parrocchie, le nostre unità pastorali intendono promuovere perché ci si metta in viaggio; quanta ricchezza, dedizione e impegno troviamo nelle nostre comunità in questo tempo! A questo si affiancano le iniziative della nostra Diocesi perché a nessuno manchi l’opportunità di questo santo viaggio. Vogliamo percorrerlo tutto il tratto di strada che conduce ai piedi di una croce fiorita perché lungo questo percorso troviamo anche le nostre fatiche, e le debolezze, i dolori, le sofferenze di tanti fratelli e sorelle che sperano che il legno arido e freddo della propria condanna possa aprirsi alla fioritura della Resurrezione.

CARLO TARTARI 08 feb 2024 00:05