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Brescia
di DOMINIQUE WOLTON 27 apr 2018 17:00

Dio è un poeta: il Papa in un libro

In un anno, Dominique Wolton, sociologo, è stato ricevuto 12 volte dal Papa. Il risultato è un libro intervista in cui affronta il nostro tempo

Oggi come oggi, come potrebbe contribuire la Chiesa alla globalizzazione?

Con il dialogo. Sono convinto che ai giorni nostri niente sia possibile senza dialogo. A patto che si tratti di un dialogo sincero, anche se bisogna dirsi in faccia cose sgradevoli. Sincero: non un dialogo del tipo “va bene, siamo d’accordo”, e poi dietro le spalle si afferma tutto il contrario. Credo che la Chiesa debba contribuire costruendo dei ponti. E il dialogo è il “grande ponte” tra le culture. Ho parlato per cinquanta minuti con Shimon Peres, 93 anni. È un uomo che ha una visione, e per tutto il nostro dialogo non abbiamo fatto altro che costruire ponti qua e là. Mi sentivo davvero di fronte a un grande, uno che condivide questa idea che la Chiesa debba costruire ponti, ponti e ancora ponti…

Per la pace nel mondo, che cosa potrebbe fare la Chiesa più dell’Onu?

So che l’Onu fa molte cose buone. L’Onu dovrebbe avere più autorità, globale e fisica. La Chiesa è solo ed esclusivamente un’autorità morale. E l’autorità morale della Chiesa dipende dalla testimonianza dei suoi membri, dei cristiani. Se i cristiani non danno testimonianza, se i preti diventano degli affaristi e degli arrivisti, se i vescovi fanno altrettanto… o ancora se i cristiani cercano sempre di sfruttare il prossimo, se pagano “in nero” e non si preoccupano della giustizia sociale, non si comportano da fedeli. Dare testimonianza è un atto necessario in entrambe le istituzioni, ma soprattutto nella Chiesa. L’Onu deve prendere delle decisioni, elaborare un piano valido e metterlo in atto. E non semplicemente annunciarlo. Ma in effetti tutte e due corrono il rischio del nominalismo. Platone, nel Gorgia, parlando dell’informazione, dei sofisti, disse più o meno questo: “I discorsi dei sofisti stanno alla politica come il trucco sta alla salute…”.

Dov’è Dio nella globalizzazione?

Nella globalizzazione, così come la intendo io (quella a forma di poliedro), Dio è ovunque, in tutte le cose. In ogni persona che dà qualcosa di sé e porta un contributo al tutto. In ogni Paese e nel tutto. La sua, tuttavia (e qui parlo in quanto cattolico), è una domanda che si rivolge a san Basilio di Cesarea e va al di là di San Basilio. Chi è che fa l’unità della Chiesa e chi è che ne fa le differenze? Lo Spirito Santo. Il Dio che instaura le differenze, cioè le singolarità, questa varietà così grande e bella, è lo stesso che stabilisce poi l’armonia. Ecco perché san Basilio dice dello Spirito Santo che è l’armonia. Dio crea l’armonia nella globalizzazione.

Come evitare che la globalizzazione diventi sinonimo di disuguaglianza e aumento delle ricchezze solo per alcuni?

Nel mondo di oggi, 62 super-ricchi possiedono la stessa ricchezza di 3,5 miliardi di poveri. Nel mondo di oggi ci sono 871 milioni di affamati. E 250 milioni di migranti che non hanno nessun posto dove andare, che non hanno niente. Il traffico di droga oggi ha un giro d’affari di circa 300 miliardi di dollari. E secondo le stime ci sono 2400 miliardi di dollari che “svolazzano” nei paradisi fiscali, circolando da un posto all’altro.

La Chiesa condanna da tempo il capitalismo selvaggio, ci sono testi e dichiarazioni che lo dimostrano. Perché nel mondo questo messaggio rimane perlopiù inascoltato?

Nel mondo intero c’è un risveglio dei movimenti popolari. Alcuni di loro vengono piantati in asso perfino dai sindacalisti, perché i sindacalisti possono provenire dalle classi dominanti, o perlomeno dalle classi medie superiori. Si tratta di un movimento forte che reclama i propri diritti.

DOMINIQUE WOLTON 27 apr 2018 17:00