Siamo chiamati a essere ‘uno in Cristo Gesù’ e a non mettere al primo posto le disarmonie e le divisioni tra i battezzati, perché davvero è molto più ciò che ci unisce di ciò che ci divide”. Con questa calorosa esortazione si è concluso il lungo discorso di saluto che papa Francesco ha rivolto al Catholicos e Patriarca di tutta la Georgia, Ilia II, nella cattedrale patriarcale di Svetitskhoveli a Mtskheta, a 20 km dalla capitale Tbilisi.

Con un abbraccio e tre baci papa Francesco era stato accolto dall’anziano Patriarca all’ingresso della cattedrale. Il Papa e il Patriarca sono quindi entrati nell’antica chiesa prendendosi per mano. Ad attenderli c’erano, oltre alla delegazione vaticana, anche il primo ministro georgiano, membri del governo e del corpo diplomatico.

Il Patriarca Ilia ha ricordato a Papa Francesco la storia di dolore e persecuzione vissuta dal popolo georgiano: “Quante lacrime e quanto sangue è stato versato in questa terra”. E poi ha aggiunto: “Come Cristo fu crocifisso per noi e la Georgia fu crocifissa per Cristo”.

Nella cattedrale di Svetitskhoveli è custodita la tunica di Gesù Cristo e questa presenza fa della chiesa il principale edificio di culto del Paese e rimane tuttora uno dei luoghi più venerati. Ed è proprio facendo riferimento alla tunica indivisa di Cristo conservata nella cattedrale che il Papa ha detto in uno dei passaggi più delicati del suo discorso: “La sacra tunica, mistero di unità, ci esorta a provare grande dolore per le divisioni consumatesi tra i cristiani lungo la storia: sono delle vere e proprie lacerazioni inferte alla carne del Signore. Al tempo stesso, però, l’‘unità che viene dall’alto’, l’amore di Cristo che ci ha radunato donandoci non solo la sua veste, ma il suo stesso corpo, ci spingono a non rassegnarci e ad offrire noi stessi sul suo esempio: ci stimolano alla carità sincera e alla comprensione reciproca, a ricomporre le lacerazioni, animati da uno spirito di limpida fraternità cristiana. Tutto ciò richiede un cammino certamente paziente, da coltivare con fiducia nell’altro e umiltà, ma senza paura e senza scoraggiarsi, bensì nella gioiosa certezza che la speranza cristiana ci fa pregustare. Essa ci sprona a credere che le contrapposizioni possono essere sanate e gli ostacoli rimossi, ci invita a non rinunciare mai alle occasioni di incontro e di dialogo, e a custodire e migliorare insieme quanto già esiste”. Il Papa ha quindi parlato del dialogo in corso nella Commissione mista internazionale ed ha concluso: “Possano la fraternità e la collaborazione crescere ad ogni livello; possano la preghiera e l’amore farci sempre più accogliere l’accorato desiderio del Signore su tutti quelli che credono in Lui mediante la parola degli Apostoli: che siano ‘una sola cosa’”.


Una frase di Francesco a Ilia II “racchiude il motivo conduttore del viaggio papale in Georgia, e in definitiva l’ispirazione del pontificato e della stessa esigenza cristiana: il Vangelo prima di tutto”.


Questo l'incipit dell'editoriale del direttore Gian Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, sull'edizione domenicale del quotidiano della Santa Sede. Durante l’incontro, familiare e toccante, nel patriarcato ortodosso, ha ricordato Vian, “il Papa ha infatti ricordato l’esempio delle sante e dei santi del paese caucasico come incoraggiamento a ‘evangelizzare come in passato, più che in passato, liberi dai lacci delle precomprensioni e aperti alla perenne novità di Dio’. Senza lasciarsi sgomentare dalle difficoltà e dai ‘veri nemici'”. Testimonianza e predicazione del Vangelo sono al centro “anche di questo nuovo itinerario” in una regione che il Papa ha definito “ponte naturale tra l’Europa e l’Asia”, che deve divenire sempre più “un modello di coesistenza. Soprattutto in un contesto e in un periodo dove ‘estremismi violenti’ strumentalizzano principi civili e la religione stessa per ‘disegni di dominio e di morte'”. Questa la preghiera al Signore di Francesco durante la visita alla comunità assiro-caldea: fai “gustare la gioia della tua risurrezione ai popoli sfiniti dalle bombe” e “solleva dalla devastazione l’Iraq e la Siria”. Il Papa ha ribadito ancora una volta “la determinazione della Chiesa cattolica ad avanzare nel cammino ecumenico, mentre le persecuzioni dei cristiani non fanno distinzioni confessionali”, e la presenza di fedeli ortodossi georgiani, insieme a rappresentanti di diverse confessioni cristiane e ad alcuni musulmani, “è stata salutata dal Papa al termine della messa nello stadio di Tbilisi”. Qui, conclude Vian, “nel giorno della memoria liturgica di Teresa del Bambino Gesù, il Pontefice ha ancora una volta esaltato ‘il grande valore delle donne’ che, come diceva la giovane santa e dottore della Chiesa, ‘amano Dio in numero ben più grande degli uomini'”.

Dalla Georgia papa Francesco, per il su 16° viaggio apostolico internazionale  si è spostato in Azerbaigian, in cui vive una piccolissima comunità cristiana “Il Papa visita una piccola comunità di periferia, che parla tante lingue, come ha fatto lo Spirito Santo a Gerusalemme nel Cenacolo, e gli dà forza per andare avanti”. Papa Francesco ha pronunciato queste parole a braccio, dopo l'Angelus, davanti ai fedeli cattolici riuniti nella piccola Chiesa dell’Immacolata Concezione a Baku. Solo poche centinaia di fedeli in un Paese musulmano: a loro durante l'omelia della Messa, parla della fede che non è un “superpotere” ma è il “filo d’oro che ci lega a Dio“ e nella vita cristiana può fare meraviglie se è unita al servizio. Altro momento significativo della tappa in Azerbaigianè stato l’incontro interreligioso ospitato dalla Moschea Heyard Aliev di Baku.


“Mai più violenza in nome di Dio!”, “nella notte dei conflitti” “le religioni siano albe di pace”.


Questi gli appelli di papa Francesco a cui ha risposto lo Sceicco Allahshukur Pashazadehha che ha sottolineato la ricchezza del “multiculturalismo” del Paese e ribadito l’importanza delle parole di Francesco per una risoluzione pacifica del conflitto in “Nagorno Karabakh fra l’Armenia e l’Azerbaigian”.