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di CLAUDIO PAGANINI 19 mar 2015 00:00

Pretacci invisibili

Se prendessimo 100 sacerdoti che, grazie alla salute conseguente la pratica sportiva, possano prolungare di almeno due anni il loro impegno pastorale attivo

Mi piacerebbe tanto regalare qualche sacerdote in più alla nostra diocesi. Non possedendo la bacchetta magica per incentivare le vocazioni, provo ad allearmi con le potenzialità nel mondo sportivo. Se da un lato infatti la chiesa è di casa nel mondo sportivo, un po’ meno il mondo sportivo è di casa nei programmi settimanali dei sacerdoti.

Quanti sacerdoti fanno attività sportiva regolare di almeno due ore alla settimana? Certo è troppo facile polemizzare per il folklore che aleggia attorno ai sacerdoti che giocano a pallone nella Clericus Cup o gareggiano sciando ne “Il Signore s(c)ia con voi”. Troppo spesso si paragona l’attività motoria a un divertimento e un piacere legato al tempo libero, dimenticando gli innumerevoli benefici che esso comporta: sia spirituali che fisici. Non è forse vero che, spiritualmente parlando, nel tempo quaresimale si parla di “cammino” (tipico della pratica motoria) e di “magro e digiuno” (tipico di una corretta alimentazione).

Senza voler scordare “preghiera e carità” (altri termini del cammino quaresimale) è comunque un dato che questo tempo penitenziale conduce a ripensare anche il proprio corpo nella prospettiva della salvezza. I benefici fisici derivanti dalla pratica sportiva sono assodati: allungamento della vita; prevenzione di malattie cardiovascolari e tumorali; prevenzione dell’infarto e l’osteoporosi; riduzione dei sintomi di ansia, stress e depressione; riduzione del diabete e del rischio di obesità. Recenti studi hanno poi dimostrato come la pratica sportiva aumenti del 25% la capacità cognitiva; per questo non ci stupisce l’immagine sportiva che vogliono dare di sé i personaggi famosi: Obama in America gioca a basket, Putin in Russia si diletta con la boxe, e in Italia Renzi gioca a calcetto. Nella Chiesa abbiamo esempi contrapposti di Vescovi e di Papi più o meno sportivi. Ciò nonostante, la domanda di valore resta: come è possibile che un sacerdote non faccio attività sportiva? Fantastichiamo!

Se prendessimo 100 sacerdoti che, grazie alla salute conseguente la pratica sportiva, possano prolungare di almeno due anni il loro impegno pastorale attivo perché si ammalano di meno o sono più dinamici, avremmo circa 200 anni di servizio in più per la diocesi. Equivalenti alla vita quattro sacerdoti generati dal “nulla”, ma figli alla pratica sportiva. Ecco una nuova equazione non prevista dalla teologia: attraverso l’attività sportiva si possono generare nuove vocazioni sacerdotali. Pretacci invisibili a chi ozia.
CLAUDIO PAGANINI 19 mar 2015 00:00