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Brescia
di LUCIANO ZANARDINI 23 nov 2018 14:26

Che sentimenti abitano il tuo cuore?

La Comunità monastica di Bose ha compiuto 50 anni. Abbiamo incontrato padre Giancarlo Bruni, che ha tenuto recentemente un corso di esercizi per le Clarisse Cappuccine di via Arimanno

In un tempo che molti definiscono complicato, incontra ancora nelle persone un desiderio di spiritualità nonostante le fatiche della quotidianità?

Al di là delle apparenze, c’è, più o meno latente, una domanda di spiritualità. Il cammino dell’uomo è contraddistinto dalla domanda sul senso della vita. Questo poi porta alla ricerca e all’attesa di frammenti di luce. Quando si parla della contemporaneità, bisogna stare attenti a cogliere questa dimensione che magari non ha molto pubblicità, ma che tuttavia è reale e allarga anche il cuore.

Quanto è importante la preghiera?

La preghiera è innanzitutto un fenomeno umano. In quanto uomo di domanda (preghiera di domanda), invoco qualche frammento di luce. E questi frammenti di luce li vado a cercare. Sono capace di ringraziare (preghiera di ringraziamento) chi in fondo mi dice parole e mi offre esempi che aprono la vita al senso. E attendo (preghiera di attesa) sempre ulteriore luce. La preghiera tipicamente cristiana nasce dal fatto che io, mendicante frammenti di luce, sono incontrato da un Tu che mi dice: Io sono la Luce. Lo guardo, lo ringrazio, gli chiedo forza perché la Sua parola di luce diventi in me possibilità di un cammino di luce e gli chiedo perdono, perché non sono mai conforme a quello che evangelicamente dovrei essere. La preghiera è importante perché indica un rapporto, è la declinazione di un rapporto. Lui mi incontra e mi parla nella preghiera; io sono incontrato, lo ascolto e gli rispondo con il grazie, con la domanda di luce, con la domanda di forza e con il perdono.

Come si spiega, allora, l’elevato tasso di conflittualità della società odierna?

Oggi si sente il bisogno di scendere nella propria profondità. Il pellegrinaggio nel mio profondo è importante per discernere che pensieri mi abitano, che sentimenti mi abitano, che decisioni mi abitano, che volontà mi abitano. Così mi accorgo che la mia profondità è abitata da pensieri lupeschi (io lupo all’altro) e volpini (io astuto all’altro). Nel profondo dell’uomo c’è la malattia dell’io: tendo a escludere tutto ciò che non è conforme al desiderio dell’io o non è conferma alla mia visione della vita. Compresa l’esclusione degli altri che non fanno parte del mio mondo. In nome del mio io attaccato al territorio arrivo a escludere l’immigrato. In nome del mio interesse e della mia ideologia, creo il nemico: leggo l’altro come nemico da distruggere. E oggi posso distruggere l’altro anche con i mass media. Devo davvero chiedermi: Chi mi abita? Che cosa mi abita? Se dentro di me abita il Vangelo, devo essere una persona che non aggredisce nessuno, neanche verbalmente, neanche con la mente. Il discepolo chiama padre Dio e fratello/sorella l’altro. Se dentro di me abita il Vangelo guardo in un determinato modo il creato che stiamo deturpando, guardo il futuro come risurrezione della vita. L’uomo deve chiedersi che sentimenti ha: lupeschi, volpini, indifferenti o amici?

Lei incontra molti sacerdoti e religiosi. Ha la percezione di una certa stanchezza da parte di chi è chiamato all’annuncio del Vangelo?

Oggi bisogna stare attenti a recuperare la passione. Diciamo sì alla lamentazione ma per due minuti, perché non possiamo privare la terra della bellezza del Vangelo. Nel lembo di terra dove viviamo il piccolo gregge (non dobbiamo guardare ai numeri, ma alla qualità) ha qualcosa da raccontare: bella è una vita che canta al cielo; bella è una vita che tende la mano all’altro; bella è una vita che non dà alla morte l’ultima parola. Recupero la passione con il Risorto, colui che trasmette questa passione, che contemplo nell’icona, che ascolto nel Libro (la lectio divina) e nell’eucaristia (perché io diventi quello che mangio). Dobbiamo recuperare chi ci trasmette il fuoco di una vita bella. Dobbiamo essere, anche personalmente, delle oasi di diversità.

Come leggere le tensioni tra il Patriarcato di Mosca e di Costantinopoli? Cosa può fare la Chiesa Cattolica per favorire l’ecumenismo?

Ogni scissione è motivo di dolore. Alla fine, al di là dei torti e delle ragioni, è il tradimento del mandato ricevuto: “Che tutti siano una cosa sola”. La Chiesa di Roma sta in mezzo. Il compito dell’uomo del Vangelo è di stare in mezzo: deve cercare di congiungere le mani dei due alla sua nel segno della pace. Il ministero di Pietro è il ministero dell’unità: deve avere nel cuore sia Mosca sia Costantinopoli sia l’Ucraina. La Chiesa di Roma deve essere un elemento di riconciliazione e di pace.

LUCIANO ZANARDINI 23 nov 2018 14:26