lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Rimini
24 ago 2025 17:39

Il primo fondamento della società è l’accoglienza

Al Meeting di Rimini si è tenuto l’incontro “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”. L’evento, introdotto dal presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, Bernhard Scholz, ha avuto come protagonista mons. Erik Varden, vescovo di Trondheim e president della Conferenza episcopale della Scandinavia.

Il tema scelto per l’incontro trae ispirazione da T.S. Eliot, “I cori della rocca”, ed esprime la necessità di una speranza che non si limiti alla ricostruzione materiale, ma che ponga al centro la persona e la sua dimensione spirituale. Scholz, introducendo i lavori, ha sottolineato: "Questo titolo vuole essere un invito a guardare il nostro mondo con le sue contraddizioni, le sue ferite e le sue domande con una nuova benevolenza. I deserti che incontriamo non sono luoghi da abbandonare, ma da coltivare". La sfida, ha osservato, è interrogarsi su "per cosa costruiamo, con quale energia e con quale speranza".

Nel suo intervento, Mons. Varden ha tracciato un’ampia riflessione biblica e culturale, collegando la storia dell’umanità al tema della costruzione. "Il desiderio di costruire è profondamente radicato nell’uomo – ha spiegato –. Gli archeologi ripercorrono la nostra storia attraverso la testimonianza di insediamenti, che si tratti di abitazioni per i vivi o di tombe per i morti". Tuttavia, ha ricordato che nell’Eden "non c’erano case, perché la comunione con Dio era la vera dimora». Per Varden, ogni costruzione terrena è provvisoria, «una tenda di nomadi durante il viaggio verso la nostra meta eterna".

Richiamando Caino ed Enoch, il vescovo ha osservato che la prima città biblica nasce come tentativo umano di lasciare un’eredità monumentale. "Il marchio di Caino era segno di protezione divina – ha detto – e ci esorta a non ridurre gli altri ai loro crimini". Ma la città, senza un fondamento spirituale, rischia di trasformarsi in “struttura transazionale” incapace di garantire vera comunione. Varden ha citato anche la Torre di Babele come simbolo di presunzione, ricordando che "una volta che l’uomo non ha più il concetto di finalità, non è più spinto a cercare la convivenza".

Il relatore ha sottolineato come la Bibbia insegni che il primo fondamento della società è l’accoglienza. "Abramo incarna l’ospitalità – ha affermato – accogliendo i tre uomini a Mamre come ospiti inviati da Dio". In questa prospettiva, l’ospitalità diventa paradigma di una società umana e solidale, capace di integrare anche lo straniero. "Non molesterai il forestiero – dice il Signore – perché siete stati voi forestieri in terra d’Egitto", ha ricordato Varden, indicando la necessità di comunità che vivano la memoria dell’esilio come stimolo a costruire inclusione.

Ampio spazio è stato dedicato all’opera “La Rocca” di Eliot, scritta nel 1934 in un periodo segnato dalla crisi economica. "Eliot denunciava una società che aveva abbandonato Dio non per altri dèi, ma per nessun Dio – ha detto Mons. Varden –. Questa eclissi del soprannaturale porta al rischio di deserti interiori, là dove la vita appare densa di attività ma priva di senso". Il poeta, ha sottolineato, ammoniva che "il deserto è nel cuore di vostro fratello" e che il compito dei cristiani è «permettere all’anima di affrettarsi alla creazione". Varden ha aggiunto: "Ognuno di noi è chiamato ad essere il ricordo visibile della luce invisibile".

Riprendendo la Costituzione Lumen Gentium, il vescovo ha ricordato: "La Chiesa costituisce per tutta l’umanità il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza". Secondo Varden, il compito ecclesiale è quello di "mostrare alla società ciò che essa potrebbe diventare, senza dimenticare giustizia e misericordia". La Chiesa, ha osservato, "nutre le nazioni senza rinunciare al sogno di fratellanza universale". Per questo, ha insistito, "dove i mattoni sono caduti, costruiremo con pietra nuova", invocando la necessità di "una costruzione destinata a durare non per una stagione, ma come fondamento per le dimore eterne".

Il lungo intervento di Mons. Varden si è chiuso con un appello accorato: "Per costruire la dimora dell’uomo è necessario l’amore. L’amore è la fornace in cui vengono cotti i nuovi mattoni per resistere al tempo". Il relatore ha ribadito che "visibile e invisibile devono incontrarsi nell’uomo e nel suo Tempio", perché "solo quando noi saremo diventati quel Tempio, il nostro lavoro sarà compiuto". Il presidente Scholz, ringraziando il vescovo, ha sottolineato: "Eliot ci ha ricordato che l’uomo ha abbandonato Dio, ma non è stato abbandonato da Lui. Per questo siamo chiamati a costruire con Lui una nuova dimora nel mondo". L’incontro si è chiuso con un forte richiamo alla speranza e alla responsabilità comune di edificare una società più giusta e umana.



@Foto Meeting di Rimini

24 ago 2025 17:39