lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di GIGLIOLA ALFARO 12 apr 2021 13:22

Preti verdi: 10 storie di impegno

Dieci storie di altrettanti sacerdoti coraggiosi impegnati nei propri territori per la tutela dell’ambiente e la difesa della salute delle persone che ci vivono, da Nord a Sud Italia: in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Campania, Puglia e Sicilia.

Sono raccontate nel libro “Preti verdi. L’Italia dei veleni e i sacerdoti-simbolo della battaglia ambientalista” del giornalista Mario Lancisi, pubblicato da Edizioni Terra Santa, anche in formato e-book. In “Preti verdi” troviamo le storie di don Albino Bizzotto e il Veneto cementificato; don Michele Olivieri e i fuochi di Battipaglia; don Maurizio Patriciello e la Terra dei fuochi; padre Nicola Preziuso e l’ex Ilva di Taranto; don Palmiro Prisutto e il polo petrolchimico di Augusta; don Marco Ricci e le discariche del Vesuvio; don Gabriele Scalmana (nella foto) e l’inceneritore di Brescia; don Giuseppe Trifirò e l’inquinamento tra Messina e Milazzo; padre Bernardino Zanella e l’Eternit di Casale Monferrato; padre Guidalberto Bormolini, presidente di “TuttoèVita” onlus e responsabile della comunità dei “Ricostruttori nella preghiera”, presente nella diocesi di Prato. Il volume esplora l’Italia dei veleni e delle morti per inquinamento ambientale, attraverso le denunce di preti e cittadini coraggiosi. I sacerdoti protagonisti sono attenti alle persone e tuttavia capaci di tenere testa ai potenti di turno. Alcuni di loro sono stati protagonisti di un webinar, promosso da Edizioni Terra Santa e Greenaccord onlus, sui loro profili Facebook, il 26 marzo.


Vive a Battipaglia, in provincia di Salerno, don Michele Olivieri, classe 1968, impegnato contro gli incendi e le discariche. “Battipaglia – ha spiegato il sacerdote – ha una storia ricca di progetti e persone semplici che si sono sempre dedicate a Madre Terra, poi è arrivata con l’industrializzazione anche la cementificazione.

Ora molte industrie sono chiuse e nei grandi spazi di cui godiamo nella nostra area sono seppelliti rifiuti tossici illegali, a cui si aggiunge il gravame dei rifiuti legali provenienti da tutta la Campania, in una quantità tale che non riusciamo a gestire.

D’altro canto, anche i rifiuti legali non garantiscono la sicurezza dato che per la loro gestione ci si avvale di strumenti obsoleti”. Don Michele ha precisato anche che il suo è “un percorso condiviso con tutti i sacerdoti della città e non solo” e ha lanciato un appello affinché “si superino finalmente le pastoie della burocrazia e si facciano le bonifiche perché tutti hanno diritto a vivere in piena dignità”. Don Olivieri, oltre a denunciare i danni dell’inquinamento, ha ricordato l’alto numero di tumori e di morti, registrati nella sua terra. Secondo il sacerdote, “la più saggia scelta politico-economica è favorire un indotto della filiera agricola che diventi, come lo è stato nel passato, il punto di forza non solo del territorio locale, ma anche nazionale.

Occorrono strategie di investimento che mirino a rendere la terra nuovamente fertile, sana e feconda”.

A raccontare nel webinar la storia di padre Bernardino Zanella, classe 1936, è stato Nicola Pondrano, sindacalista ed ex operaio dell’Eternit, per anni attivo a fianco del religioso. Bernardino e Nicola, infatti, lavorando in fabbrica, decisero di avviare un’indagine reparto per reparto, operaio per operaio, macchina per macchina per capire le contaminazioni e i rischi per la salute. In quei “piccoli gruppi omogenei” i lavoratori iniziarono a raccontarsi e a denunciare. “Era difficile che qualcuno denunciasse la reale situazione – ha evidenziato Podrano – perché per chi lavorava c’era una serie di agevolazioni: il figlio poteva prendere il posto del genitore che andava in pensione, c’erano maggiorazioni dal 10 al 25% di salario in più per gli operai che lavoravano nei reparti più polverosi, oltre a tanti benefit, come la colonia marina, il dopolavoro, i doni di Natale ai figli, la lattina di olio di oliva per due volte all’anno”. Era questa la spia che rivelava una sorta di “corto circuito tra l’azienda e la rassegnazione degli operai”. E i morti erano tanti. Nel luglio 1976, il consiglio di fabbrica, dopo la morte di alcuni operai che ne faceva parte, denuncia che all’Eternit in media moriva un operaio al mese a causa dell’amianto. Ma il 1° settembre 1977, ha raccontato Podrano, successe l’imprevisto: padre Bernardino lasciò Eternit e Casale:

“Ricordo che al ritorno dalle ferie non lo trovai più, mi dissero che se ne era andato. Un compagno di lavoro mi portò il dossier dell’inchiesta che avevamo fatto e mi disse: ‘Questo te lo manda Bernardino con la raccomandazione di proseguire e non mollare’.

Chiesi spiegazioni, ma nessuno seppe dirmi le ragioni del suo allontanamento da Casale”. Da quel giorno perse le tracce del suo amico di battaglia: “L’ho cercato ma senza successo. Sparito. Solo negli anni ne rintraccio la destinazione: in missione in Sud America”. Nel libro è lo stesso padre Bernardino a rispondere alla domanda: tornerebbe a lavorare nella fabbrica di amianto?

“Sì, lo rifarei – la risposta -. Credo che sia valsa la pena per me, perché mi ha fatto maturare molto, anche da un punto di vista umano e di fede; credo che sia servito come primo passo, per difendere la società da quella aggressione”.

Al webinar è intervenuto anche padre Guidalberto Bormolini, 54 anni, presidente di “TuttoèVita onlus” e responsabile della comunità dei “Ricostruttori nella preghiera” presente nella diocesi di Prato, a Villa del Palco: “Purtroppo il buco nero, la radice prima della situazione drammatica in cui viviamo è la scissione tra l’uomo e il cosmo. In altre parole, siamo figli di una visione moderna, che probabilmente risale all’epoca cartesiana, in cui l’essere umano è separato dal resto dell’universo”. Padre Guidalberto unisce speculazione teologica e attività manuale: ora sta realizzando un unicum presso Cantagallo, sulla dorsale appenninica toscana, ripulendo e rendendo di nuovo fruibile, grazie al lavoro di volontari e di altri monaci, il borgo di Mezzana, abbandonato dagli anni Sessanta, dove nascerà “un villaggio secondo i principi di sostenibilità e solidarietà cosmica”, vivranno un gruppo di famiglie e verrà realizzato un hospice speciale per i malati inguaribili.

“L’idea di fondo – ha affermato – padre Bormolini – è quella della natura come cura, ricreando un’oasi in cui si possa vivere realizzando i principi contenuti nella Laudato si’.

La novità del borgo è la realizzazione in ambito sanitario di un luogo per i più vulnerabili, una struttura, la prima in Europa, che offre strumenti di cura integrale per chi è minato da una malattia grave, con un forte supporto esistenziale e spirituale grazie anche alla meditazione non confessionale, come via verso la spiritualità.

La nostra casa non sarà un luogo di disperazione, ma un luogo di accoglienza integrale”.


GIGLIOLA ALFARO 12 apr 2021 13:22