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Milano
di WWW.REDATTORESOCIALE.IT 31 gen 2022 07:40

I costi dimenticati della pandemia

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Donne relegate al chiuso, che subiscono violenze e abusi anche psicologici e hanno grosse difficoltà a chiedere aiuto: in occasione della Giornata mondiale contro la tratta, dell' 8 febbraio prossimo, dati che confermano l'impatto che l'emergenza sanitaria ha avuto sulle vittime della prostituzione

Donne relegate al chiuso, che subiscono violenze e abusi anche psicologici e hanno grosse difficoltà a chiedere aiuto. La pandemia ha ulteriormente aggravato le condizioni di vita delle vittime di tratta costrette a prostituirsi. Del tema, avvicinandosi la Giornata mondiale contro la tratta, martedì 8 febbraio, parla, in un lungo articolo pubblicato su www.redattoresociale.it, Fabio Agostoni, avvocato della Comunità Papa Giovanni XXIII, che dal 2012 al 2019 ha lavorato a Ginevra come osservatore dialogando con il Consiglio Diritti Umani dell’Onu. “L’emergenza legata al Covid-19, aumentando la vulnerabilità delle persone, in particolare di chi era già in povertà e legato all’economia informale – afferma - ha reso più difficile trovare sostentamento economico”. Quello messo in evidenza da Agostoni è un fenomeno che. come mettono in evidenza anche alcuni studi realizzate da agenzie che lavorano con l’Onu, è cresciuto il rischio che chi è in una situazione di grande fragilità possa diventare vittima di traffico di esseri umani. “Al tempo stesso – continua l’avvocato dall’associazione Giovanni XXIII, la pandemia ha reso queste persone ancora più invisibili: con la stretta sulle migrazioni, i meccanismi di protezione che avevano messo in campo gli stati nella pratica sono stati indeboliti, e purtroppo sono sempre meno utilizzati”.

“Con la pandemia, la prostituzione in strada si è spostata: molte donne adesso lavorano online – si parla infatti di e-trafficking”, racconta Agostoni. “Oppure si nascondono nell’indoor, nelle case. In ogni caso, sono scomparse dalla strada, il che rende più isolate, meno riconoscibili e poco raggiungibili. Il risultato è che è più difficile che denuncino, perché sono molto più sole”. Questo comporta anche che si stia registrando un aumento dello sfruttamento sessuale nei paesi di transito verso l’Europa: le ragazze nigeriane vittime di tratta che prima venivano portate in Italia, ora molte volte restano in Libia, perché lì c’è più mercato.

Rispetto alle rotte del traffico di esseri umani, il Mediterraneo si conferma ancora uno degli assi principali, così come la frontiera tra la Bosnia e la Croazia, dove passa il corridoio che viene dalla Turchia e dalla Grecia, ma anche il confine tra Polonia e Bielorussia. “Formalmente, esistono dei protocolli internazionali utili a identificare la vittima di tratta”, spiega Agostoni. “Eppure, perché una persona ottenga questo status, occorre che ci sia un’autorità che faccia indagini, ma questo accade sempre meno”.

L’esempio per eccellenza è l’Afghanistan, che ha avuto molta visibilità mediatica. “Quando le agenzie internazionali, le diplomazie e le associazioni hanno deciso di lasciare il paese, hanno organizzato voli per far espatriare chi aveva collaborato con loro, che si sarebbe trovato in una situazione di grave pericolo”, dice Agostoni. “Purtroppo, non tutti sono riusciti a prendere quei voli: le persone che non ce l’hanno fatta, poi, avranno iniziato una migrazione forzata che le avrà portate molto probabilmente ad affidarsi a trafficanti e diventare vittime di tratta. C’è una connessione diretta tra l’aumento della povertà dovuto alla pandemia, l’instabilità politica e sociale e la crescita delle vittime di tratta e del traffico di esseri umani, ma anche altri fenomeni collegati come i matrimoni precoci, la vendita degli organi o il lavoro forzato. È aumentata la pressione sulle frontiere tra il mondo ricco e il mondo povero, e oggi i più vulnerabili sono ancora più soli”.

WWW.REDATTORESOCIALE.IT 31 gen 2022 07:40