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Brescia
di REDAZIONE 15 dic 2020 17:39

Messico, tra violenze e armi bresciane

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Un terzo delle 238mila armi vendute dal 2006 al 2018 alla polizia messicana sono state prodotte dall’azienda Beretta di Gardone Val Trompia ed esportate dall’Italia. Sono armi che sono state utilizzate dalla polizia di diversi Stati messicani in molteplici gravi violazioni dei diritti umani e di cui una parte è finita nel mercato illegale. Lo rivela il rapporto Deadly Trade. How European and Israeli arms exports are accelerating violence in Mexico (Commercio mortale. Come le armi europee e israeliane stanno aggravando la violenza in Messico), pubblicato nei giorni scorsi da un gruppo di associazioni di diversi Paesi, a cui ha contribuito anche l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) di Brescia.

Il rapporto documenta, sulla base dei dati ufficiali forniti ai ricercatori dalla Secretaría de la Defensa Nacional (SEDENA) del Messico, che su autorizzazione delle autorità italiane l’azienda Beretta ha venduto 108.660 armi alla polizia federale e alle polizie locali del Messico tra cui più di 25.000 fucili e altre armi lunghe, sia automatiche che semiautomatiche, e in particolare oltre 43.000 pistole 92 FS, quasi 31.000 pistole Px4 Storm e 13.000 fucili d’assalto ARX-160.

"L’utilizzo delle armi prodotte da aziende italiane per gravi violazioni dei diritti umani in Messico commesse dalle forze di polizia – commenta Piergiulio Biatta, presidente dell’Osservatorio OPAL – ripropone pesanti interrogativi sia sulla filiera produttiva e commerciale delle armi, sia sui controlli riguardo agli specifici destinatari finali prima di autorizzare le esportazioni. Sono questioni non più eludibili se vogliamo che la normativa italiana e il Trattato internazionale sulle armi siano efficaci e servano davvero a prevenire esportazioni di armi che alimentano la violenza e le violazioni dei diritti umani. Sottoponiamo pertanto questo rapporto all’attenzione delle autorità competenti e soprattutto del Parlamento affinché eserciti la funzione di controllo che gli compete".

Armi fabbricate ed esportate dalla azienda Beretta sono state usate dalle polizie di diversi Stati messicani in molteplici gravi violazioni dei diritti umani compreso il rapimento di 43 studenti della Scuola normale di Ayotzinapa a cui prese parte la polizia municipale di Iguala (Guerrero) armata con fucili d’assalto Beretta (modello SC 70/90). Numerose armi Beretta, “smarrite” o contrabbandate da agenti di polizia, sono poi finite nelle mani della criminalità messicana. Delle oltre 61.000 armi sequestrate dall’esercito messicano tra 2010 e 2020, ben 2.744 erano di fabbricazione italiana, soprattutto pistole Beretta.

«L’Autorità nazionale italiana per le esportazioni di armamenti UAMA – afferma Carlo Tombola,  direttore scientifico di OPAL – ha autorizzato anche l’esportazione di forti quantità di armi da guerra, poi destinate dall’esercito messicano alle polizie locali, senza tenere conto della drammatica situazione del paese destinatario. Ai sensi delle legge n. 185 del 1990 sulle esportazioni di armi, UAMA avrebbe dovuto valutare almeno due elementi rilevanti: l’impiego di queste armi in operazioni di ordine pubblico contro la popolazione civile inerme e il coinvolgimento di poliziotti e militari messicani nel narcotraffico, come mostra il recente caso dell’arresto dell’ex ministro della Difesa generale Cienfuegos Zepeda».

Il rapporto internazionale prende in considerazione i maggiori esportatori di armi destinate alle polizie locali e federali del Messico e, per la prima volta, li incrocia con i documenti ufficiali declassificati ottenuti dai governi di Stati Uniti e Messico. Nel periodo dal 2006 al 2018 il Messico ha ordinato e ricevuto armi in particolare da Italia (36%), Austria (22%) e Stati Uniti (22%), seguite da Israele (8%), Germania (7%), Repubblica Ceca (3%) e, con percentuali minori, da Turchia, Belgio, Spagna, Finlandia, Svizzera. In prima fila sono aziende molto note e su tutte l’italiana Beretta e l’austriaca Glock, più distanziate la belga FN Herstal, l’israeliana IWI, la ceca CZ, le tedesche H&K e Walther. Quanto a Sig Sauer, le cui esportazioni diretta dalla Germania sono state limitate dal governo tedesco, oggi esporta le proprie armi in Messico dai siti produttivi negli Stati Uniti come fanno anche Glock e IWI e marginalmente Beretta, che invece esporta al Messico soprattutto dall’Italia.

"Oltre alle responsabilità delle autorità italiane nell’autorizzare queste esportazioni – commenta Giorgio Beretta, analista di OPAL – vi è una specifica responsabilità sociale anche da parte dell’azienda produttrice di armi e delle associazioni di categoria. Le violazioni da parte delle polizie messicane sono denunciate da anni dalle principali organizzazioni per la difesa dei diritti umani e nessuna azienda può pensare di giustificarsi sulla base del mero rispetto degli obblighi di legge. Ancor meno un’azienda come la Fabbrica d’armi Pietro Beretta che già da anni ha definito un Codice Etico per esplicitare i principi etici ed i valori che l’azienda intende perseguire “al di là ed indipendentemente da quanto previsto da norme di legge”. Lo stesso vale per ANPAM (Associazione nazionale produttori di armi e munizioni) che, in quanto associazione di categoria, dovrebbe vigilare sull’impatto sociale, e non solo economico, delle attività commerciali svolte dalle aziende che ne sono socie: dal 2014 ANPAM è riconosciuta come ONG con status consultivo speciale presso il Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) dell’Onu, ma non è affatto chiaro quali obiettivi persegua in quella sede".

Il rapporto “Deadly Trade” raccomanda ai governi dei paesi esportatori di armi di sospendere immediatamente le autorizzazioni di esportazione verso il Messico per prevenire la violazione dei diritti umani e la violenza armata nel Paese e di assicurarsi che le autorizzazioni già concesse non contribuiscano invece ad accrescere il clima di violenza in Messico. Particolare attenzione viene richiesta circa la veridicità dei certificati di “utente finale”. Al governo messicano viene richiesto, tra l’altro, di cessare la militarizzazione del commercio di armi da fuoco, oggi in mano all’esercito. Ai governi dei paesi europei e all’Unione Europea si raccomanda di porre fine ai conflitti d’interesse tra governi e produttori di armi, che influenzano le politiche di controllo delle esportazioni.

Alla redazione del rapporto ha partecipato un nutrito gruppo di associazioni di diversi paesi, coordinati da “Stop US Arms to Mexico” (USA) e “Global Exchange” (USA): Vredesactie (Belgio), Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa - OPAL (Italia), American Friends Service Committee (Israele), Ohne Rüstung Leben (Germania), NESEHNUTÍ (Repubblica Ceca), Comisión Mexicana de Defensa y Promoción de los Derechos Humanos e il Centro de Estudios Ecuménicos (Messico).

REDAZIONE 15 dic 2020 17:39