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27 dic 2022 11:51

Se il dito indica la luce lo stolto guarda il dito

Vietati i cellulari in classe: lo ribadisce una circolare del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Di per sé, nulla di nuovo, poiché un primo richiamo risaliva già al 2007, a firma del ministro Fioroni.

La recente disposizione del ministro rimanda ad una indagine conoscitiva realizzata dalla VII Commissione del Senato che non risparmia parole forti: “l’abuso di smartphone e videogiochi non è niente di diverso dalla cocaina. Il digitale sta decerebrando le nuove generazioni, oltre ad essere causa di danni fisici come miopia, obesità e ipertensione, nonché danni psicologici come alienazione, aggressività, insonnia, diminuzione dell’empatia”.

La circolare del Ministro non introduce sanzioni disciplinari, richiamandosi al senso di responsabilità, al valore dei Patti di corresponsabilità educativa, invitando però le scuole a garantire il rispetto delle norme.

Poiché, dunque, non stanno certo a Roma le soluzioni, è opportuno riprendere il problema nella quotidianità delle aule, anche perché, si sa, soprattutto i ragazzi più fragili e meno motivati pagano le conseguenze, anche in termini di vistoso calo di rendimento scolastico.

Chi educa e sta con i ragazzi conosce la complessità delle questioni, e sa bene quanto sia riduttivo affermare che tutti i problemi dipendano da internet e dai cellulari, soprattutto dopo una pandemia che ha costretto tutti a centinaia di webinar, conferenze on line, lezioni in DAD dove vedevamo solo piccoli schermi con i nomi di smartphone, spesso senza volti.

La fuga nelle piazze virtuali non contrassegna forse la chiusura delle piazze reali, la ristrettezza di spazi di incontro, la carenza di esperienze nelle quali, fin da piccoli, ci si possa sporcare le mani, vivendo la fisicità, la corporeità?

Chi educa e sta con i ragazzi sa quale domanda di autenticità rivolgano agli adulti. Secondo alcune ricerche (cfr. Lancini) la principale “spacciatrice” di internet è la madre, e non sono certo esempi da imitare alcune chat fra genitori o la violenza online che assume nomi - in inglese forse meno invasivi - come denigration, hate speech, catcalling, spesso prodotti di adulti “leoni da tastiera”.

Chi educa e sta con i ragazzi conosce molti altri sintomi di un disagio che cresce, visibile anche nei corpi martoriati da anoressia, bulimia, autolesionismo: il consumo di smartphone è indice di ritiro sociale ma suona anche come appello, richiesta di ascolto.

Ostinatamente sono convinto che in ogni essere umano vi sia sempre nostalgia di bene e di felicità, anche in comportamenti sbagliati. Le risposte stanno in uno spazio che prevede qualche opportuna ed equilibrata sanzione insieme a proposte coinvolgenti e generative. Vi sono orizzonti da spalancare, c’è un futuro di cui riprendere a parlare con questi ragazzi.

Quel dito che compulsivamente preme i tasti dello smartphone non impedisca di indicare la luna.

27 dic 2022 11:51